Chissà cosa si prova ad aver realizzato il sogno della propria vita. Chissà quanto riempie i polmoni: essere arrivato. Chissà poi la tentazione che valore potrà avere, quanto lo sguardo potrà mutare, quanti dubbi insinuare. Leo Bonucci del resto è soltanto un uomo: ha i suoi pregi, i suoi difetti, la bontà innata. Leo Bonucci, però, ha anche un bagaglio di priorità che non si fa mai attendere in qualsiasi aeroporto la vita lo stia dirottando.
Scalo a Torino, per cortesia. Si parte sempre da casa, in fondo. E il difensore non ha fatto eccezione: ogni piccolo step se l’è posto senza l’ombra di una piccola perplessità, senza il singolo battito di cuore o ciglia. È tornato, s’è rivisto, ha capito: realizzarsi con quel pugno di fantasia bambinesca non avrebbe avuto nessun altro sapore. Ancor meno all’estero, per quanto gli occhiali rosa fossero già pronti per essere riutilizzati.
Non ha volato, Bonucci. Ma ha spiccato il volo nella storia di questa squadra: si è imposto come leader, ma nemmeno un’aria da dittatore. Perché poi l’elezione, democratica o meno, sarebbe filata via con l’unanimità del caso. Non sarebbe cambiata neanche una virgola del suo statuto, ecco.
Vince Leo: vada come vada, vince lui perché è riuscito a tornare bambino, a sentirsi scorrere ancora quei brividi di pura voglia, di realtà incastonata in una montagna di sogni.
È forse proprio questo il reale messaggio del suo credo: si possono avere mille donne, ma soltanto una può rubarti il cuore. Sdolcinato, tuttavia vero. Vero come soltanto i bambini possono essere. Come solo un uomo innamorato sa essere. E per Leo la Juve è davvero tutto: fatica, sudore, sconfitta e vittoria. Averlo a portata di spirito e poi abbandonarlo non dev’essere una passeggiata. Il resto è superfluo, e col superfluo non ci si vive.
Quando arrivò l’offerta del City in molti si aspettavano un epilogo crudelmente opposto: i pro vincevano coi contro dopo il primo round. Senza storie. Invece il centrale s’è comportato da vecchio saggio: ha anteposto l’immaterialità dei sentimenti a tutto il resto. Motivazioni comprese. Chi gliel’ha fatto fare? L’amore. E poi tanto altro, inglobato in una sfera che all’interno ospita un’immagine: lui, il bianconero e quelle grandi orecchie che sono vitali per alzare quel tipo di coppa.
Sarebbe stato un bel romanzo, Leo: ora però è un’intensa storia d’amore. E chi crede ancora in un certo tipo di calcio te n’è debitore.
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