Spesso ostacolato da fastidiosi infortuni che in passato ne hanno sicuramente condizionato il rendimento, Kwadwo Asamoah sembra aver sciupato ancora una volta una chance importante per emergere a qualcosa in più che non fosse il semplice ruolo da comprimario.
Del resto, con la partenza di un titolare inamovibile come Pogba e con l’assenza di Marchisio, il ghanese, rientrato a pieno regime dagli stop patiti durante l’ultima stagione, è stato considerato dagli addetti ai lavori e non quasi al pari dei nuovi acquisti, ovvero come una pedina nuova – anche se già ambientata – della rosa messa a disposizione di Allegri. E proprio il tecnico toscano, in vista dell’esordio in Champions contro il Siviglia, ha deciso di concedergli un’opportunità importante schierandolo nell’undici titolare. A farne le spese niente poco di meno che un colosso della qualità come Miralem Pjanić.
Asamoah se la gioca con le armi che possiede, ovvero tanta corsa e quella fisicità che spesso lo aiuta a proteggere il pallone dagli attacchi degli avversari. Ma poi nient’altro. Eppure, schierato nel ruolo di interno del centrocampo a cinque, il numero 22 della Juventus avrebbe potuto, e dovuto, sicuramente osare di più. Non basta più infatti il compitino, non a questi livelli. Perlomeno non dopo la campagna acquisti portata avanti dalla Juventus che punta al minimo obiettivo di raggiungere senza affanni la semifinale della coppa dalle grandi orecchie. Non dopo essere stato confermato nonostante qualche richiesta di mercato proveniente dall’estero durante il corso dell’estate.
Asamoah non spinge, non si getta in avanti senza palla dettando il passaggio. Non prende spunto da Khedira, che però gioca praticamente accanto a lui e che quindi diviene facile da osservare. Da imitare. Non ci prova Kwadwo ed è un peccato, perchè un giocatore dotato della sua forza fisica e della sua corsa meriterebbe una maggiore tenacia, lasciando perdere il semplice compitino, che a questo punto ci domandiamo come mai non gli vada stretto. Il centrocampista di Accra invece non prova a creare superiorità numerica in mezzo al campo, ma si accontenta di fare numero e densità. E dunque, va bene la propensione alla fase di interdizione e di contenimento, ma da uomo esperto qual è e da bianconero fra i più longevi in campo, diviene persino scontato attendersi un contributo più ricercato e robusto. Più intraprendente.
La Champions spesso non è palcoscenico che concede seconde occasioni, e sa essere crudele come nessun’altra competizione sa rendersi. Ripensiamo proprio a Juventus-Siviglia: ricorderemo gli ospiti giunti a Torino per ottenere un pari, forti di un’organizzazione tattica accorta e poco propensa a favorire le avanzate, e di un pareggio che invece per i padroni di casa sa quasi di beffa. La causa? Oltre alle scelte discutibili di Allegri, anche la consapevolezza – a conti ormai fatti certo – che sarebbe stato certamente più opportuno avanzare laddove invece la paura di provarci ha reso le gambe pesanti come due blocchi di cemento. Proprio come fatto vedere da Asamoah.
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)
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