Domani, quella magica musica tornerà a risuonare in uno Stadium gremito, ancora una volta. Le note di Ligue des Champions zittiranno, per qualche secondo, i cori e gli inni di tutti i supporter, spezzando il loro fiato. In quel momento le paure si fonderanno all’emozione, la voglia di stupire si scontrerà con l’ansia di non riuscire a farlo; ma la cosa certa è che a tutti scorrerà nelle vene un matto desiderio di assistere allo spettacolo chiamato Champions League.
ASPETTATIVE – “Quello che ci aspettiamo raramente accade: ma quello che meno ci aspettiamo di solito succede”. Se, nella stagione 2014-2015, in pochissimi (forse nessuno) avrebbero scommesso sulla Juventus in finale, all’alba di questa nuova stagione in molti inseriscono la squadra bianconera nel novero delle favorite. E se l’“obbligo”, imposto dalla campagna acquisti, risultasse tanto gravoso da falcidiarne le possibilità? Magari è stata proprio quella voglia di stupire, unita ad un sorteggio benevolo, a portare la Juve a sfiorare il successo contro il Barcellona. Porsi questi dubbi è lecito, ma non completamente giusto. Per quanto il calcio abbia una logica che sfugga da qualsiasi calcolo scientifico, trascendendo verso una dimensione differente che sfugge dalla nostra spasmodica voglia di controllo, non si può tralasciare l’analisi di alcune fondamentali variabili. Innanzi tutto la rosa juventina è una delle più competitive a livello europeo, potendo contare di sostituti di livello assoluto in ogni zona del campo; l’attacco, nonostante sia ancora in fase di rodaggio, conta su una coppia che tutta Europa invidia: il tango non si farà attendere molto; la difesa non aveva bisogno di aggiustamenti per essere considerata una tra le più complete, ma se la dirigenza decide di prendere due come Dani Alves e Benatia…altro che ciliegine, questa è una gran bella torta.
PASSATE ESPERIENZE – Nonostante rappresenti la “causa” principale, l’onere del successo non deriva unicamente dall’ampliamento dei valori che può mettere in campo. C’è dell’altro: di nuovo c’è l’esperienza. Se la già menzionata finale ha lasciato un senso quasi di appagamento, come se arrivare lì abbia rappresentato il massimo traguardo ottenibile (per manifesta superiorità dei catalani), l’eliminazione patita in Baviera, nella passata stagione, ha lasciato un sanguinante squarcio. La Juventus non deve coprire questa ferita, deve bensì portare questa cicatrice come monito di quel che non deve essere più ripetuto, arrivando a mostrarla a tutti dal gradino più alto, guardando il resto d’Europa dall’alto verso il basso. Per non tradire la necessaria perizia, i bianconeri potranno affidarsi a chi di questa abbonda: Evra, Alves, Khedira e Mandžukić sanno come si trionfa in questa competizione e hanno voglia di dimostrare come non abbiano dimenticato la ricetta vincente; senza dimenticare un uomo (prima che un giocatore) che attende di accogliere nella sua bacheca questo trofeo, mettendo a disposizione una monumentale esperienza. Il 1996 è davvero troppo lontano, oggi, come allora, compare il club torinese tra le favorite, come se le cose fossero tornate al loro posto.
PAROLA AL CAMPO – Tutte le aspettative, alimentate in questa torrida estate dalle voci di mercato, dalla voglia di rivincita e dalla voglia di tornare dove si compete, verranno canalizzate nel terreno di gioco. Infatti, unico ed inappellabile giudice è sempre e solo il campo. I risultati possibili per i bianconeri si sono ristretti ad uno unico: la vittoria, ma questo non è mai stato un problema in casa Juve. Non ci resta che metterci comodi ed assistere, si spera e presume fino alla fine, allo spettacolo. Ben tornata Champions League.