Appiah: “Asamoah prezioso per la Juve. Io e Buffon eravamo l’incubo di Thuram”

Per oltre un decennio è stato il simbolo di una nazionale. Dicevi Stephan Appiah e pensavi al Ghana. Numero dieci e capitano della formazione africana. Simbolo di chi era riuscito a sbarcare nel calcio europeo, conquistando un ruolo importante. Dall’Udinese che l’ha svezzato e lanciato sino alla Juventus, con cui ha vinto sul campo uno Scudetto e una Supercoppa Italiana, passando per Brescia e Parma. Prima del triennio al Fenerbache e la chiusura di carriera italiana in Emilia-Romagna fra Bologna e Cesena. Tanti gli spunti e i temi toccati con l’ex centrocampista, fra passato e presente. Con uno sguardo particolare nei confronti dei suoi connazionali Kwadwo Asamoah e Emanuel Badu e delle sue ex squadre. Ecco quanto raccolto dalla Gazzetta dello Sport.

ASAMOAH – “Lo conosco da quando era bambino. Adesso che ha superato l’infortunio può tornare a essere uno dei titolari della Juventus. La sua bravura ad adattarsi a tutti i ruoli del centrocampo e sulla fascia sinistra lo rendono prezioso. Ha iniziato a fare l’esterno per caso con il Ghana ed è diventato fra i più forti del mondo. E’ un ragazzo d’oro. Le prime volte che arrivava in nazionale era timidissimo: non parlava con nessuno e dava a tutti del lei. In campo però si trasforma e diventa un leone. Oggi è un simbolo per tutto il Ghana”.

DORTMUND, GERMANY - DECEMBER 02: Champions League 03/04, Dortmund; Galatasaray Istanbul - Juventus Turin 2:0; Stephen APPIAH/Juventus (Photo by Martin Rose/Bongarts/Getty Images)AMARCORD JUVE “Nell’estate del 2003 mi voleva anche il Milan, ma la Juventus mi impressionava in tv per la mentalità vincente e la fame incredibile che mettevano in ogni partita. Ero partito per le vacanze in Ghana, quando mi hanno chiamato Thuram e Moggi per convincermi. Ho accettato subito e ho preso il primo volo per Torino per firmare. Mi sento ancora con molti miei ex compagni come Cannavaro, Buffon, Del Piero, Ferrara, Nedved e Pessotto. Gigi è un ragazzo straordinario: con lui organizzavamo un sacco di scherzi nello spogliatoio a Thuram e facevamo di tutto per rendere allegri i compagni. Lilian soffriva il solletico e noi due eravamo diventati il suo incubo. E’ incredibile come Buffon si diverta ancora in campo come un bambino: gli anni non passano mai per lui. Nedved si vedeva già che avrebbe fatto una carriera da dirigente: la sera non usciva mai, era serissimo e riempiva di consigli i più giovani. Era sempre sul pezzo. Con Gigi lo chiamavamo il fantasma perché quando uscivamo la sera non c’era mai…”.

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