Lucida follia, feroce rabbia agonistica, sorrisi a metà. Tre istantanee riempiono mente e cuore: Simone Zaza, un solo anno in bianconero, ma mille sfumature colte. Altrettante, poi, ancora da rintracciare. Ché il viaggio sarà stato anche breve, però quante emozioni ha raccolto, quanti momenti, sensazioni, esplosioni di vita. Quanta magia, e quanti attimi avrebbe potuto ancora smerciare: come la più semplice tra le droghe, l’iniezione di Simone è stata pura energia. Letale per il cuore, stimolante per la passione, anestetizzante per i pensieri.
TESTA. Si può fare la differenza in una sola stagione? Anzi, mettiamola così, pure più difficile: si può fare la differenza in una sola stagione, per di più partendo dalle retrovie? È stata una continua corsa contro tutti: tempo, sfortuna, immagini. È stata un continuo andare con i bastoni tra le ruote, con il vicino di casa intento a tosare il prato dalle 8 del mattino, con la pazienza e la perseveranza che si conviene ad un docile agnellino destinato al macello della panchina. Ecco: Simone poteva tranquillamente arrendersi prima, poteva dire d’averci provato. Che magari non era il suo momento, che guardarsi attorno era più facile del sostenere un sorriso spento. Invece è andato avanti: fino alla fine, a giocarsi le sue chance di vittoria. Non per avarizia: avrebbe guadagnato di più altrove. Non per fama: la Juve è tanto, non tutto. Ma perché Zaza è ogni cosa ed il suo contrario: dovesse decidere di scalare l’Himalaya, andrebbe fino in fondo. Non importa quanto freddo, quanta distanza, quanta sofferenza.
SE E MA. Simone è stato molto più di un gol all’ottantottesimo, chissà poi quanto decisivo. Simone è stato il rifugio di molte notti e pochi giorni. Simone è stato un punto esclamativo quando tutto attorno era un concentrato di dubbi, stritolati in un frullatore di emozioni devastanti come la scorsa stagione. Ognuno gli ribadiva che sì, avrebbe meritato più spazio: poi però in fondo consolava averlo lì, a portata di sinistro, quando c’era da recuperare risultato o faccia. Nessuno si è mai chiesto se davvero Zaza potesse starci, in un contesto del genere. Se ne avesse le doti, magari per recitare il ruolo principale, per fare la voce grossa. Se avesse avuto spalle tanto larghe da caricarsi il mondo addosso. Se oltre a meritarlo, avesse avuto la giusta testa: ché la follia è un istante, magico, ammaliante. Non duraturo. Purtroppo o per fortuna: qui fate voi.
GOOD LUCK. I dubbi restano, così come il magone. Si può fare la differenza in una sola stagione, per di più partendo dalle retrovie? La risposta è arrivata dal suo sinistro. E dalla sua tenacia, e dalla sua caparbietà, e dal suo donarsi completamente alla causa. Anche se per poco, anche se gli avrà fatto un male cane restare fermo a guardare.
Ci saranno pochi casi al mondo come quelli di Simone Zaza, oltre il banale ruolo del dodicesimo uomo, oltre l’ancor più banale concezione di riserva. Talvolta non serve stupire per entrare nei cuori della gente: lui l’ha fatto. Creando un piccolo miracolo con minuti e materiale a disposizione: si è dimostrato decisivo. Questo paga, pure quel sorriso spento, pure le tante parole e i pochi fatti. Chi è stato Simone Zaza? Un ottimo professionista, un ragazzo stupendo, un calciatore di cui la Juve sentirà la mancanza.
Cos’è stato Simone Zaza? Tutto e niente: come piace a lui. E allora buon Himalaya, Simo: non arrenderti mai.
Cristiano Corbo
This post was last modified on 29 Agosto 2016 - 10:41