Siamo agli sgoccioli di una trattativa che ha preso piede ed è proseguita un poco all’ombra di altre operazioni di mercato, molto più intriganti e sostanziose. Confessiamo che la cosa irrita anche non poco. Pare davvero che il mondo si sia capovolto, se una giovane punta, partita da Policoro, che non pare essere il centro della terra, dopo essersi trovato alla corte di una tra le 4, 5 squadre più blasonate al mondo, per il solo timore di non giocare troppo, scelga di retrocedere in un “team” d’Oltre Manica, dalla storia e dalle tradizioni non proprio al top.
Certamente, meglio che il mondo si capovolga nel calcio. Stiamo vivendo giorni di dolore e di sgomento ed il pensiero va alla ferita che Madre Natura ha inferto nel cuore degli Appennini. La vita continua, come no, ma il cuore si è rimpicciolito e fatica a riprendere le sue dimensioni.
Simone Zaza, si diceva, materano di nascita e girovago su e giù per lo Stivale, da Ascoli a Bergamo, da Genova a Reggio Emilia (casa Sassuolo) per amore del pallone e della sua carriera, approda in quel di Torino (provincia di Juventus, come ama dire un caro amico). E’ l’inizio di una grande occasione, di un cielo da toccare con il dito. Contratto quinquennale, 18 milioni spesi credendo nelle sue capacità ed in prospettiva nei suoi margini di crescita: la società insomma si sbilancia. Il ragazzo va disciplinato, equilibrato: non può finire ogni volta sotto il tiro del direttore di gara, col rischio di essere espulso per troppa foga. Così ad esempio nel derby di Coppa Italia. Pare che l’amicizia con Alvaro Morata faccia bene ad entrambi e si procede.
Manco è il caso di ricordare che Zaza decide il big match contro il Napoli a due minuti dal termine, con un tiro più simile al coniglio che esce dal cilindro del prestigiatore, piuttosto che alla mira di Campriani con la carabina. E’ il segno del predestinato, avranno pensato in casa Zaza ed in chissà quante altre case juventine.
Ci sono gli europei e la convocazione di “Zazone” è sottointesa. Gli equilibri tattici però non consentono a Conte di sbilanciarsi più di tanto. La nazionale è carente, ma con tanti attributi ed il C.T. non è scemo. Zaza incide in maniera decisiva indirizzando di testa il pallone che consente ad Eder di battere la Svezia e poi si gioca tutta la credibilità di uomo “freddo” sul rigore che tira al…firmamento. L’occasione di essere l’eroe del passaggio del turno se ne va con un sacco di altre certezze.
Morata viene “recomprado”, forse è la volta buona che Simone giochi di più. Macchè, arriva il Pipita ed ora è durissima. Con Marione inamovibile, come chi fa reparto da solo. Da primo ad entrare in sostituzione, Zaza si trova a quarto nella gerarchia. La stagione è lunga però, gli infortuni possono sempre lasciare spiragli e poi i giovani sono portati a lottare, a “morire” per ottenere risultati e centrare obbiettivi.
Il mondo si è capovolto, si diceva. Oggi i giovani non lottano più, cambiano squadra. Non importa quale. Non importa se nel frattempo il “team” gradito è stato buttato fuori dai preliminari di Europa League. Non più la Champions, ma nemmeno l’Europa di striscio. Ecco la vera “Brexit”: fuori, fuori da tutto. Giocando, certo, ma magari in un freddo e nebbioso pomeriggio londinese, ai margini dell’interesse mediatico, con un poco di nostalgia per la bella Lucania. Siamo sicuri che i soldi, tanti soldi, quelli che hanno riempito i pensieri del padre procuratore, serviranno da antidoto nelle serate di Champions davanti alla TV? Il mondo si è proprio capovolto: a 25 anni, una volta si era già deciso cosa fare da grandi ed i padri si ascoltavano per consigli e non per…procure.
Ormai se a qualcuno dei paesani di Simone verrà in mente di cantare la canzone di Gabriella Ferri: “Era la festa di San Gennaro…”, al ritornello si sentirà rispondere: “Andò sta Zaza? Al West Ham!” “Oh, madonna mia… e scusate signò, andò sta il West Ham?” “Che te saccio dì, tra nu par d’anni, nun sta manco cchiù in Europa“.