E’ stata la partita dei paradossi, quella tra Lazio e Juventus. Dopo l’esordio arrembante contro la Fiorentina era lecito aspettarsi una gara indirizzata su binari diversi, specie considerando le caratteristiche dei biancocelesti. Una squadra contropiedista per sua natura e poco propensa a “fare la partita”. Invece è accaduto il contrario: la Lazio, anziché aspettare la Juventus nella propria metà campo, ha spadroneggiato nel pressing e ha addirittura terminato il match con un possesso palla superiore rispetto a quello degli ospiti. Meri dati statistici, certamente. In ogni caso una sorpresa confrontandoli con quella della prima giornata, quando gli uomini di Inzaghi contro l’Atalanta chiusero con un misero 29% di possesso palla. La solita Juve, direte voi. Quella brutta e sporca, sì, ma spietata allo stesso tempo.
Una squadra che comunque ha palesato piccoli difetti, tecnici e non, in mezzo al campo. Passaggi errati, poca coordinazione nei movimenti e giocatori spesso fuori posizione. Magari sarà la calura estiva o un roster ancora imballato dai carichi estivi. Forse. Problemi che riemergono in superficie, ogni tanto. Soprattutto per Mario Lemina e Kwakdwo Asamoah, discontinui chi per limiti di esperienza chi per infortuni. Ma se i peccati di gioventù di Lemina ai quali siamo spesso abituati possono essere perdonati, da Asamoah ci si aspettava un upgrade in tal senso. Partita esclusivamente di corsa la sua, a differenza della buona prova offerta con la Fiorentina. Poi solo tanti errori tecnici e interventi in ritardo.
Un piccolo campanello d’allarme, dunque. Piccolo perché in fondo una rondine non fa primavera. E perché il miglior Asamoah non è inferiore a nessuno. Nemmeno a Matuidi. Servirà solo ritrovare i ritmi e lavorare sulla componente psicologica. Acquistare altri doppioni è francamente inutile. Marotta, per fortuna, sembra averlo capito: arriverà qualcuno solo se potrà migliorare il livello dei titolari. Difficile a dire il vero, a questo punto del mercato.