Cheb, la provincia boema e quell’aria a metà, divisa tra tra i confini con la Germania e i 170 kilometri che la separano da Praga. Un paese di circa trentamila abitanti, fatto di industrie tessili e del vetro. Pavel Nedved nasceva là, il 30 agosto del 1972, da una famiglia semplicissima. Papà Vaclav lavorava proprio in una di queste fabbriche, con una passione, però: quella per il calcio. Una carriera in Seconda divisione, poi l’amore per Ana, il matrimonio e la famiglia. E quel sogno messo da parte, accantonato, almeno per un po’. Ma gli amori si tramandano di padre in figlio, e Pavel ce l’aveva nel sangue la passione per il calcio, con il papà che lo incoraggiava, che lo spronava a credere a quello che era il sogno di entrambi.
I PRIMI PASSI – I primi calci ad un pallone in squadra avvengono, come sempre, nelle giovanili. Prima il Cheb, poi lo Skalna. Ed è subito amore con i tifosi locali: i supporters del paese lo adorano per la sua grinta e ci mettono poco a capire che diventerà un campione. Poi, la svolta, con il Dukla. La società viaggia nella parte bassa della classifica, ma Pavel riesce a farsi notare grazie alle 19 reti realizzate. A vent’anni, Nedved riesce a realizzare il sogno di papà Vaclav: indossare la maglia dello Sparta, il massimo per un abitante della Repubblica Ceca. L’inizio non è dei migliori: prima le prove di ruolo in mezzo al campo, poi un allenatore che non crede fino in fondo nelle qualità del giovane talento. Un anno di ambientamento, ma nel secondo Pavel diventa uno dei punti cardine della squadra. E in quegli anni arriva a visionarlo un osservatore speciale: Zdenek Zeman. E la sfida tra Repubblica Ceca e Italia è un’occasione preziosa per mettersi in mostra: Pavel realizza un gol e gli occhi delle big europee sono tutti puntati su di lui.
ZEMAN, LA SCOMMESSA E LA LAZIO – Può essere l’ennesima scommessa di Zeman, l’allenatore ci crede e ci crede pure la Lazio che decide di puntare sul giovane campione, portandolo in Italia. Nel 4-3-3 di Zdenek, Pavel si muove alla grande, spesso sacrificandosi in difesa. Sette reti in 32 partite, ma la Lazio perde subito Zeman che si trasferisce alla Roma. Il rapporto con Eriksson non è dei migliori, ma Pavel riesce a conquistare anche la sua fiducia, dopo qualche panchina. La seconda stagione in biancoceleste recita 11 reti e nel 1999 Nedved firma un rinnovo quinquennale con la Lazio, con un’offerta dell’Atletico rispedita al mittente. Il 2000 è l’anno dello Scudetto vinto all’ultima giornata, a discapito proprio della Juventus che cade a Perugia. E c’è l’impronta di Nedved su quel tricolore, ci sono la sua grinta e la sua precisione.
LA CHIAMATA DELLA SIGNORA – Il 2001 è un anno strano: su Pavel suonano forti le sirene dello United, del Real, del Barcellona. Ma c’è un’offerta che più lo allieta: quella della Juventus. I bianconeri riescono a trovare l’accordo con il centrocampista: 12 miliardi netti a stagione e un contratto fino al 2006. E Pavel rompe subito il ghiaccio, fino a diventare fondamentale per lo Scudetto, quella sera a Piacenza nel 2002: i bianconeri inseguono l’Inter, Nedved realizza un gol capolavoro che riapre i giochi. E quindici giorni dopo, sarà il 5 maggio più amato da tutti i tifosi bianconeri: la Juventus batte l’Udinese, l’Inter cade con la Lazio ed è tricolore. Il 2003 è, senza dubbio, l’anno più importante della sua carriera: il secondo Scudetto arriva quasi facilmente e le sue prestazioni in Champions sono da applausi, con quel rimpianto senza fine per non aver potuto giocare la finale di Manchester, a causa dell’ammonizione ricevuta in semifinale. Ma questo è l’anno del riconoscimento più importante: il Pallone D’Oro. La consacrazione migliore per chi è stato protagonista di una carriera spettacolare.
This post was last modified on 3 Agosto 2016 - 11:47