Leandro Paredes è capace di fermare il tempo: rallentarlo, a suo piacimento, poi d’improvviso farlo ripartire. Come se avesse qualche potere magico. Che forse ha, nascosto in un misterioso collegamento tra cervello, cuore e il suo piede destro.
È l’enganche argentino applicato al regista europeo, ai suoi ritmi frenetici. Dagli esordi al Boca Juniors all’affermazione di Empoli, Leandro è cresciuto sia nel fisico che nella testa ed è diventato un calciatore maturo, moderno e, allo stesso tempo, dannatamente nostalgico.
Non è un caso che la Juventus si sia interessata a Paredes: con le dovute differenze, potrebbe prendere il posto di Claudio Marchisio in regia – anche se con meno dinamismo. Più di Miralem Pjanić, anche lui arrivato dalla Roma, che è qualcosa di più vicino alla concezione attuale del trequartista.
L’argentino rischia di passare dall’essere il sostituto ideale del bosniaco in giallorosso al diventare un nuovo gioiello in bianconero.
Nessuna paura, per uno come lui: esordio a sedici anni con il Boca, in una Bombonera gremita, al fianco di Juan Román Riquelme. “Ho realizzato due sogni: esordire e giocare con Riquelme”, disse dopo quella gara, persa.
Ecco: partiamo proprio da Riquelme, uno dei più grandi talenti della storia del calcio. Un romantico nell’epoca della fugacità.
Entrato a otto anni nelle giovanili xeneizes, Leandro ha sempre avuto lui come idolo. E si vede, quand’è in campo: non è un caso che in tanti li hanno paragonati. Entrambi hanno un gusto del bello insito, fuori dal comune e dal tempo.
Tuttavia, l’Europa non ha saputo apprezzare Riquelme: talentuoso, sì, ma troppo lento, diceva qualcuno. E la parentesi al Villarreal, uno dei momenti più belli degli ultimi anni di calcio, è purtroppo rimasta tale. Juan Román è stato propheta in patria, ma non è mai riuscito a diffondere il verbo.
Paredes potrebbe essere il profeta del riquelmismo adattato al Vecchio continente. Che corre, corre e corre ancora, ma ha bisogno di fermarsi, ragionare, innamorarsi: almeno sul terreno da gioco.
Parades ha iniziato da enganche puro nelle giovanili, ma dopo l’esordio da enfant prodige subisce una metamorfosi: Falcioni, allenatore del Boca nel 2011, lo adatta da esterno sinistro. “Sto facendo uno sforzo che nessuno mi ha mai chiesto”, commenta Leandro, che proprio non riesce a cucirsi quel vestito addosso: è come mentire a se stessi, alla propria vera natura.
È quando viene spostato sulla trequarti che fa vedere chi è: si incarica di corner e calci di punizione, sicure delle sue ottime doti balistiche. E per esempio s’inventa magie del genere.
Scambio nello stretto, senza mai perdere il controllo della palla, poi si libera e prepara il tiro: un missile che s’insacca alle spalle del portiere, che vede la palla sbucare all’improvviso.
Non è ancora il Paredes che conosciamo, questo: più appariscente, meno pragmatico. I motivi sono tanti: il calcio argentino è altra cosa, la Bombonera pure.
Fatto sta che Sabatini s’innamora di quest’argentino, ancora indisciplinato tatticamente, ma dalle potenzialità enormi: ventinove presenze al Boca e il peso del paragone con Riquelme sono il biglietto da visita di Paredes.
Arriva a Roma passando per Verona: viene parcheggiato al Chievo, dove gioca solo una partita.
Rudi Garcia lo impiega da mezz’ala e Leandro non brilla: fa il suo, lasciando intravedere sprazzi di ciò che sta diventando (o è diventato?). Non ha i tempi d’inserimento del centrocampista box-to-box, ma ama dialogare con i compagni e dare il via all’azione.
In ogni caso, gioca troppo poco per esprimere il suo talento, così che nella scorsa stagione la Roma lo presta all’Empoli.
Giampaolo ha un problema da risolvere: sostituire Valdifiori, passato al Napoli. E ci sarebbe pure da far dimenticare Sarri, tra l’altro. Prova, riprova, ma non ne esce a capo: prima Dioussé, poi Ronaldo, quindi Maiello non convincono.
La svolta è contro la Fiorentina: Paredes viene schierato in regia, spostato dal ruolo di interno che non fa per lui. La gara è un esempio perfetto delle sue doti: sotto trovate le migliori giocate di Paredes contro i viola.
È che gli manca il dinamismo necessario, ritrovabile per esempio in Zielinski, ma ha qualità fuori dal comune: legge il gioco in anticipo e sa sfruttare quest’enorme abilità per recuperare e dettare il ritmo. La regia è il suo habitat naturale e interpreta il ruolo in maniera originale: ricama, ma sa anche recuperare e tenere palla.
Come si può vedere in questo video, Paredes è capace di mantenere praticamente sempre il controllo della palla. Merito di una buona struttura fisica e di doti tecnico-tattiche straordinarie.
Tutto ciò è arricchito da un repertorio di aperture, tagli e cambi di gioco davvero di altissimo livello, che lo mettono di diritto tra le migliori promesse nel ruolo: è una delle next big thing.
Paredes ha tutto per sfondare: dalla tecnica alla personalità per gestire il gioco, passando per un’intelligenza tattica fuori dal comune, che gli permette di “vedere prima” e arrivare in anticipo sul pallone, commettendo pochi falli. È una rarità nel panorama calcistico, considerando anche le grandissime potenzialità.
Spalletti l’ha paragonato a Pizarro. E sa pure che sarebbe assurdo lasciarlo partire. Tuttavia, la Juve ci proverà, insieme all’Empoli: un altro anno in provincia, per poi spiccare il volo. Con Riquelme negli occhi.
This post was last modified on 3 Agosto 2016 - 09:53