A nascondere la polvere sotto il materasso sono più o meno bravi tutti: fare profonda pulizia, è tutt’altra storia. Se n’era accorto Cesare Prandelli dopo Euro 2012, quando disse che quella Nazionale aveva “nascosto” i problemi del calcio italiano. Due Mondiali non si falliscono a caso, così come non è un caso se soltanto negli ultimi due anni ci sia una sola squadra (naturalmente parliamo della Juventus) in grado di essere competitiva in Europa a certi livelli. La serie A, numeri alla mano, è pur sempre il quarto campionato più importante del Vecchio Continente, e questa stridente contraddizione dovrebbe far riflettere.
CALCIO ITALIANO, STATO COMATOSO. Perché Antonio Conte, a prescindere dal risultato di domani, la polvere sotto al materasso l’ha messa, eccome. Il calcio italiano si trova in uno stato penoso, non ha futuro davanti a sé: questa Nazionale ne è lo specchio. Trainata da una incredibile difesa e dalla grinta (oltre che dalla bravura tattica) del ct, ma povera tecnicamente come non la si vedeva da anni. Barzagli si ritirerà, Buffon ha 38 anni, Chiellini e Bonucci orbitano attorno ai 30: inutile fare giri di parole, l’Italia sono loro. E dopo di loro non c’è nulla più.
IL “TENTATIVO” DI ROBERTO BAGGIO. Il progetto di riforma dei centri federali redatto anni fa da Roberto Baggio probabilmente è finito nel camino di Tavecchio o Abete: erano 900 pagine, avrà riscaldato per un bel po’. Quel progetto si basava sul modello della Germania, che iniziò a riformare il proprio calcio dopo la figuraccia di Euro 2000: l’idea del Divin Codino era esattamente quella di formare i maestri di periferia, non semplici allenatori con i patentini, che poi dovevano formare i giovani. Un progetto che avrebbe in qualche modo “depotenziato” la LnD, ossia i principali elettori degli attuali vertici della Federcalcio, e soprattutto aveva la caratteristica di rappresentare una riforma dalle fondamenta del calcio italiano, pensata per durare nel tempo. E in Italia cose del genere non si possono (ancora) fare. Gino Corioni raccontò una telefonata di Baggio: “Non ne vale la pena, questi chiacchierano. Non puoi fare niente in Federazione”.
LA SITUAZIONE OGGI IN ITALIA. In Italia oggi esistono cinque – 5 – centri federali di formazione per giovani calciatori: sono a Catanzaro, Capurso (Bari), Firenze, Oristano e San Giorgio di Nogaro (Udine). Cinque centri di cui la Federazione si fa un gran vanto. In Germania, avversaria di domani, Campione del Mondo e ricca di talenti, ce ne sono trecentonovanta – 390 – sparsi per tutto il paese. E sono solo la “base” della piramide federale, che si ispira a una precisa filosofia: se il più grande talento della sua generazione è nato in un paesino sperduto in mezzo alle montagne, gli scout federali lo troveranno. Se va male, avrà comunque fatto attività fisica e avrà imparato a convivere e a giocare con ragazzi di tutte le età. Di conseguenza, possono giocare fianco a fianco il giovane talento del Bayern Monaco e il figlio di un contadino della Foresta Nera, se dotato di altrettanto talento. I training-camps tedeschi non sono stati aperti e lasciati al loro destino: la Germania ha creato nuove figure professionali a metà tra l’allenatore e il dirigente: questi 29 coordinatori hanno il compito specifico di girare tra i 390 vivai per organizzare e uniformare i metodi di allenamento e tenere vivo il rapporto con i club locali.
LA PIRAMIDE TEDESCA. Dopo i training-camps ci sono le Scuole di élite: sono 28 in tutto il territorio tedesco, accolgono ragazzi tra gli 11 e i 20 anni e danno un allenamento ulteriore a calciatori che già appartengono a qualche club. Poi arrivano i 45 Centri di Eccellenza, dove si insegna ai ragazzi a comportarsi da veri professionisti, li si educa al concetto di squadra al di sopra delle individualità. Insomma, si formano i fenomeni che vediamo oggi nella nazionale tedesca. Al vertice di tutta la piramide c’è naturalmente la Federazione, che detta le regole in maniera categorica: i club di prima e seconda divisione devono avere un settore giovanile accreditato dalla Dfb, chi non si attiene perde la licenza, e i controlli vengono fatti dagli ispettori federali con questionari di almeno 800 domande. Risultato? In Bundesliga si investono circa 100 milioni di euro l’anno nei settori giovanili: questa è la vera differenza rispetto all’Italia, dove qualche genio crede ancora che chiudere la frontiere rappresenti una soluzione al problema. Ok, chiudiamole pure: ma poi?
LA BATTAGLIA DI AGNELLI. Il presidente Andrea Agnelli ha (forse) vinto finalmente la battaglia per la creazione delle squadre-B, che rappresenterebbe un punto di partenza importante per investire realmente sui giovani: lo farà la Juventus, lo farà forse la Roma, gli altri tacciono. Questo consentirebbe ai ragazzi di confrontarsi in un campionato molto più competitivo di quello Primavera, e di avere maggiori possibilità di essere integrati in prima squadra, come avviene nei principali top club europei: e d’altronde rappresenta una incredibile contraddizione l’aver voluto la riforma delle rose a 25 con giovani che abbiano avuto una continuità di almeno 3 anni nel proprio vivaio, senza le squadre-B. Come pretendere di costruire un grattacielo senza ascensori: ridicolo. Ci sono infatti molti club italiani con settori giovanili di alto livello: Roma, Lazio, Inter, Empoli, Atalanta e Sampdoria, tanto per fare esempi, ma quando i ragazzi superano il limite di età per la primavera, non trovano più spazio. L’Italia ha vinto tanti campionati Under 21, eppure quanti di questi ragazzi hanno poi sfondato?
CHIACCHIERE E DISTINTIVO. Nel frattempo, il presidente Tavecchio spiega che la Figc ha investito 9 milioni di euro sui CFT, per la creazione (di qui al 2020) di 200 centri federali territoriali. “L’attività di questi Centri in tutta Italia – ha detto Tavecchio all’inaugurazione del centro di Firenze, a febbraio di quest’anno – ha l’obiettivo di formare i ragazzi e di accrescere la qualità dei calciatori e delle calciatrici del futuro”. Per ora siamo 390-5 per la Germania, senza contare le Elite Schools e i Centri d’Eccellenza tedeschi: una distanza siderale, un vuoto che ha iniziato a crearsi dalla crisi del calcio italiano iniziata nel 2006, anno cruciale in cui la suddetta crisi venne sancita a tavolino. Fatta fuori la Juventus, locomotiva di tutto il sistema, regalato qualche anno di effimera gloria alla seconda squadra di Milano, i vertici Federali pensavano di poter vivere di rendita, all’ombra di speculazioni e plus-valenze.
I TRE PUNTI-CHIAVE. Legge sugli stadi, riforma dei settori giovanili, investimenti sulle infrastrutture: tre punti in cui ha fallito il sistema-calcio e dunque l’Italia intera, perché senza un’azione governativa efficace diventa difficile mettere in pratica tutto ciò. C’è una società che invece ci sta riuscendo, e anche bene: una società che è tornata ad essere locomotiva, anche se nel frattempo ha perso tutti gli altri vagoni. Problemi loro, perché così la locomotiva viaggia più leggera. Domani l’Italia potrà anche vincere, ma sotto al materasso ci sarà ancora tanta polvere.
Gennaro Acunzo