Col calciomercato in pieno svolgimento è una corsa quotidiana al nome nuovo da inserire nelle liste della spesa dei procuratori. Quanto questi nomi siano veri o fittizi spesso è dato saperlo solo ai giornalisti, che si ritrovano quasi obbligati in certe situazioni quasi a inventare, il nome nuovo, il colpo a sorpresa, la diatriba interna a questa o quella Società per avere qualcosa da scrivere e vendere qualche copia in più del proprio quotidiano. Il gioco lo conosciamo e dunque è sempre più difficile districarsi tra le notizie per distinguere quali siano i colpi realmente papabili da quelli quasi solo fantasiosi.
I dati di fatto: quello che è certo è che la Juve, da qualche stagione a questa parte, è tornata ad attirare i campioni piuttosto che a farli scappare, cosa peraltro accaduta solo con la diaspora del 2006 post-calciopoli. Sono passati anni in cui se proprio non volevano scappare, quantomeno si faceva fatica a farli arrivare. Tutti ricordiamo il “no” di Di Natale, motivato diversamente per carità, ma di sicuro in quel periodo la Juventus non era proprio il massimo a cui aspirare anche se giocavi nell’Udinese, non esattamente un Top Club europeo e nemmeno italiano. Figuriamoci i giocatori di squadre più blasonate che ambivano solo al meglio. Era il periodo “dei due settimi posti consecutivi”, come amava e ancora ama chiamarlo l’attuale c.t. Della Nazionale Antonio Conte, quello dove si faceva fatica a trovare dei leader in squadra e dove i tifosi non riuscivano a immedesimarsi nei giocatori, tolti i mostri sacri che già c’erano e che vollero rimanere per risollevare le sorti della Signora. Buffon e Del Piero su tutti, a insegnare agli altri cosa fosse la Juve, cosa volesse dire giocare col bianconero addosso. Poi tanti giocatori che avrebbero dovuto far fare il salto di qualità e che invece han fatto poco più che numero, insieme a molti altri che, appunto, non sono nemmeno mai arrivati perché qualunque destinazione o quasi era meglio della Juve.
Adesso è dura andarsene: Nel lavoro, nello sport e nella vita bravura e fortuna devono andare di pari passo per avere successo, e così è stato negli ultimi 5 anni. Le cose sono state fatte e sono andate talmente bene che adesso si sta verificando la situazione diametralmente opposta. Chi è alla Juve non se ne andrebbe mai, chi ancora non c’è vorrebbe venirci. Fino agli estremi di chi è stato costretto ad andarsene e fa intendere che non avrebbe voluto (leggi Morata). Il discorso è tanto più da sottolineare quanto è importante il calibro di questi giocatori. Pjanić, che secondo mister Allegri e non solo è uno dei pochi in Italia che avrebbe migliorato la nostra rosa, ha chiesto alla Roma non solo di essere ceduto, ma ha espressamente indicato di voler venire alla Juve. Dani Alves campione di tutto e nostro avversario due anni fa in finale di Champions lascia il Barcellona e sceglie la Juve. Benatia è disposto a ridursi lo stipendio del 30% pur di venire a giocare sotto la Mole, anche lui lasciando una squadra fortissima come il Bayern Monaco. Il tutto è cominciato qualche stagione fa con l’intuizione di andare a prendere Barzagli per due noccioline, Pogba quasi a niente (1 milione di indennizzo), Pirlo e Llorente a niente del tutto, Vidal pagato relativamente poco e diventato quasi fenomenale, la scommessa su un Tevez “grasso e finito”; più di recente un Khedira sontuoso dato per finito per colpa degli infortuni e il già citato Dani Alves, entrambi arrivati a parametro, entrambi arrivati da due squadrone perché adesso sì, la Juve è la Juve. A queste intuizioni miste a buona sorte, aggiungiamo la fortuna di un Marchisio che ti esplode in casa. Tutto questo consente di investire i soldi disponibili per i giocatori per cui davvero vale la pena, come è stato fatto l’anno scorso per uno straordinario Dybala.
Bravura e fortuna, fortuna e bravura. Una aiuta l’altra. Vincere aiuta a vincere si dice, ma non solo: vincere aiuta a far vedere a tutti chi è la Juve, o se preferite chi è tornata ad essere. Prima certi giocatori dovevamo inseguirli, vederli sfumare, o prenderli per sfinimento; adesso sono lì, fuori dalla porta, ad aspettare che questa venga aperta.
Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)