La Juventus della finale di Berlino è una Juve che ci ha fatto fremere, sognare e inorgoglire. Una squadra che adesso non c’è più, anche se non è detto che sia davvero un male. Pezzo dopo pezzo molti organi della prima creatura di Allegri sono stati asportati: prima Pirlo, Vidal e Tevez, adesso Alvaro Morata, l’uomo delle notti magiche, per tanti vero emblema della Juventus che fu.
SPAZIO ALLA TECNICA – Pjanic è il meglio che ci possa essere in questo momento, almeno in Italia: grande tecnica, proprietà di palleggio, ottima progressione palla al piede, senso del gol e dell’assist. L’identikit perfetto del centrocampista “tecnico” richiesto da Allegri e che aggiunge maggiore creatività a un reparto davvero ben assortito ma privo di quel pizzico di fantasia, aggiuntasi con l’innesto del bosniaco.
Dani Alves invece è un acquisto che vale doppio, per il valore indiscutibile del calciatore e per la ricca bacheca, condita inoltre da tre Champions League, più di quelle vinte dalla Juventus in tutta la sua storia. Un dettaglio da non trascurare per un club che è stato – verrebbe da dire ironicamente – quasi esecrato dalla vittoria di questa competizione. E poi il brasiliano garantisce sicuramente maggiore spinta e brillantezza offensiva rispetto allo spremuto Lichtsteiner, a dispetto dell’età anagrafica, che recita 33 anni.
In conclusione, con l’avvento di Allegri in panchina abbiamo assistito ad un cambiamento radicale della Vecchia Signora. Dalla furia agonistica di Conte si è passati a un undici in campo molto più meditativo e maturo. Ora, con gli arrivi di quest’estate, è lecito aspettarsi il passaggio allo step successivo: vale a dire il salto di qualità dal punto di vista del gioco e, perché no, il ripristino del 4-3-1-2 tanto caro al tecnico toscano.
Salvatore Ergoli
This post was last modified on 23 Giugno 2016 - 15:43