“Shhhhhhhhhhh, parla il Presidente Agnelli!” questo è quello che più o meno si sentiva ogni volta che ci si avvicinava all’Avvocato per rivolgergli anche solo qualche domanda informale. L’eleganza delle sue parole, i contenuti sempre densi e i modi mai banali avevano fatto di lui un’icona non solo del mondo industriale e sportivo, ma anche della comunicazione, al punto che venne considerato sempre Presidente “in pectore” della Juventus anche se la carica effettiva la mantenne solo dal 1947 al 1954. Il giorno della sua morte, chi scrive era presente, al Delle Alpi si alzò altissimo il coro: “un Presidente, c’è solo un Presidente!” A distanza di qualche anno dalla sua scomparsa, un giovane Agnelli cerca di ripercorrere le strade battute dallo zio e anche dal padre, un solco netto della tradizione di famiglia.
Giovani, ma di valore: è un po’ il motto di cui avrebbe bisogno l’Italia tutta per risollevarsi dalle difficoltà economiche, cosa che alla Juve sembrano aver capito a tutti i livelli. Sul campo da anni si scandagliano e si prelazionano o acquistano i migliori talenti emergenti per monitorarli, valutarli, controllarli e averli per le mani in modo da poter decidere se tenerli o meno. Più della metà dei giovani di talento in giro per i vari campionati italiani sono nella cosiddetta “orbita Juve”, con grande orgoglio della nostra dirigenza e grande invidia da parte di quelle altrui. E anche a livello dirigenziale si è scelto di optare per la “linea verde”, se pensiamo che il nostro attuale Presidente Agnelli ha poco più di 40 anni e lo stesso Nedved che sempre lo affianca è un classe ’72. Considerando poi che Andrea venne eletto nel 2010, all’epoca era davvero giovanissimo per quel ruolo: 36 anni che se fosse stato calciatore sarebbero stati buoni ancora per giocare, come dimostrano i vari Totti, Toni, Di Natale, o per rimanere in casa nostra Buffon e Del Piero che ha smesso alla soglia dei 40. Eppure non è mai stato questo il suo difetto, anzi: ha portato un modo nuovo di vedere il calcio e di voglia di evoluzione che mancava nei Palazzi della FIGC come l’aria di una stanza troppo spesso chiusa. Il bene che sta facendo alla Juventus lo sta facendo indirettamente, e per vie diverse, a tutto il calcio italiano.
Idee chiare: l’intervista rilasciata martedì ai microfoni di Sky è un condensato di spirito imprenditoriale, capacità di scelta, visione d’insieme, lungimiranza economica e voglia di vincere. Quest’ultima ovviamente non deve mai mancare, perché è il vero motore dello sport e deve esserlo di una società come la Juventus che deve poter guardare al bilancio in maniera serena ma sempre con l’obiettivo di migliorare e migliorarsi. La voglia di vincere la Champions monta di anno in anno con la crescita della consapevolezza dei propri mezzi e Agnelli è uno dei principali artefici di questa crescita con le sue scelte sicure e decise, con il suo parlare sempre schietto, con la sua tranquillità nel dire le cose che pensa in faccia a tutti e facendo torto a nessuno. La consapevolezza di aver creato un modello vincente e per ora unico è forse proprio quella che gli consente di muoversi con questa decisione e di avere la voce così ferma. Mai una parola banale, mai la sensazione che sbagli a dosare i termini. Ne ha avute per Tavecchio, per il calcio in generale, per i giocatori, per i Presidenti di altre società, per la Nazionale. E provate a dire che ha detto qualcosa di sbagliato. Vi chiediamo di più: trovateci un Presidente che abbia vinto così tanto alla sua età, alla sua prima esperienza, nei suoi primi 6 anni di presidenza!
Giovani e di valore, che abbiano le idee chiare, e il talento che serve nel proprio settore. La Juve ha trovato un “top player” anche a livello presidenziale, e in giro, altri così, non se ne vedono. In Italia almeno no di sicuro. Da sei anni tutti gli juventini possono solo dire “grazie” a questo giovane Agnelli. E si comincia di nuovo a sentire bisbigliare “Zitti tutti, parla il Presidente Agnelli!”
Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)
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