L’anno prossimo giocheremo per la “leggenda“: parole e (soave) musica di Max Allegri. Traduzione: la Juventus ha già vinto il sesto Scudetto consecutivo, il 35esimo della sua storia? Niente di più sbagliato. Altra traduzione che si è già fatta strada nell’immaginario collettivo: l’anno prossimo si punta dritti alla Champions. Questo vuol dire vincerla? Sbagliato ancora, sbagliatissimo. Non che i dirigenti o l’allenatore, e men che meno i giocatori, stiano facendo professione di scarsa umiltà, tutt’altro: il dna della Juventus è ben differente, ma non sempre i tifosi o l’ambiente in generale dispongono di siffatto codice genetico.
Se le parole possono essere fuorvianti o comunque fonte d’eccessivo entusiasmo, bisogna tenere presente che il calcio non è un’equazione precisa, né tanto meno un sillogismo. La Juventus è la squadra più forte d’Italia, la squadra più forte vince il campionato, la Juve vince il campionato: c’è un Leicester che ha appena dimostrato come i sillogismi si possano anche rompere all’improvviso, e che le equazioni a volte abbiano sin troppe incognite. D’accordo, in Italia non ci sono all’orizzonte squadre minimamente paragonabili a quella bianconera, che sicuramente detterà legge per gli anni a venire: ma pensare che il sesto Scudetto consecutivo possa essere una formalità, è il modo migliore per iniziare a consegnarlo in altre mani.
La Champions, ancor più del campionato, obbedisce a questa regola: la squadra attuale, così com’è, ha già ampiamente dimostrato il suo valore europeo. E, come ha ribadito ieri Mandzukic, servono un paio di innesti per essere anche sulla carta a livello delle più forti (ossia Bayern e Barcellona). Ma la finale tra l’Atletico Madrid e lo sgangherato Real Madrid sta lì a dimostrare che la Champions è una manifestazione refrattaria a logiche stabilite a tavolino.
Parole scontate? Dipende dal momento: se possono sembrarlo ora, non lo sarebbero state a ottobre 2015, quando la
Gennaro Acunzo
This post was last modified on 14 Maggio 2016 - 11:36