La Juve e Allegri, insieme per l’ultimo assalto

In un paese di voltagabbana,  sentirsi dare del voltagabbana è forse sinonimo di non essere voltagabbana. Chiaro il concetto? L’Accademia della Crusca ci perdonerà l’anafora, ma urge chiarire un concetto che sta passando in maniera subliminale in questi giorni: due anni fa il tifoso juventino (in realtà, poche decine di persone) contestava ferocemente l’arrivo di Allegri, oggi lo stesso pubblico lo applaude e gli dedica striscioni in curva. Contraddizione stridente? Naturalmente no, perché cinquanta persone non rappresentano un popolo di 14 milioni di tifosi, e perché difronte ai risultati ottenuti sarebbe da folli non applaudire il tecnico livornese. La “colpa”, semmai, sta nello scisma consumato in quel famoso 15 luglio, improvviso e destabilizzante, che colse di sorpresa tutti: inutile chiarire ulteriormente chi sia il soggetto in questione.

All’epoca non mancarono mugugni e perplessità: due anni dopo, lo stesso popolo bianconero ha atteso spasmodicamente la firma sul rinnovo del contratto. E’ cambiato tutto? Sbagliato, non è cambiato niente perché la costante della storia bianconera è rappresentata dalla società, dalle linee guida da essa dettate, dalla garanzia di tranquillità e stabilità che viene data a tutto l’ambiente. Nessuno ha mai pensato all’esonero, alla decima giornata di campionato, nessuno ha mai messo in discussione, nemmeno in maniera velata, l’operato del tecnico. Chiaramente Andrea Agnelli a ottobre ha tuonato contro il quattordicesimo posto della Juventus: sarebbe stato strano il contrario.

Da un lato la società, dall’altro i giocatori, nel mezzo lo straordinario lavoro di un tecnico, serafico e ironico, gentile e pacato. Ma la voce, a differenza di quanto sempre sostenuto dai detrattori, la sa alzare, eccome. E non si venga a dire che è cambiato tutto dal cappotto lanciato in quel di Modena: alla tradizionale calma, Allegri affianca una determinazione feroce, un’attenzione maniacale, una grinta degna del Davids dei tempi andati. Lo dicono i risultati, lo dice il comportamento del tecnico a bordo campo durante le partite: non molla mai un secondo, non lascia mai la squadra sola. Bastone e carota, carota e bastone: perché tenere un gruppo costantemente sulla corda della rabbia e della tensione agonistica, può determinare alla lunga l’effetto contrario. Il pallone si gonfia, vola alto, ma alla fine scoppia: se invece il pallone viene tenuto costantemente gonfio senza esagerare con l’aria, si manterrà sempre in volo e si alzerà lentamente ma inesorabilmente.

Nel 2011 la Juventus doveva aggredire il “Palazzo d’Inverno”: ci voleva qualcuno che guidasse l’assalto, che conquistasse il potere con un atto rivoluzionario. La storia insegna che una volta portata a termine vittoriosamente una rivoluzione, il difficile è mantenerla in vita: ci vogliono altri metodi, Banner-Editoriale-Gennaro-Acunzoaltre tecniche. La Juventus ha conquistato il potere, e quando sono iniziati i primi scricchiolii (alzi la mano chi non ha dubitato della capacità di Conte di tenere sempre così alta la tensione del gruppo…) si è scelta la persone più giusta per conservare e consolidare quel potere.

Max Allegri da Livorno: stratega e filosofo, istrione e osservatore, asceta e guerriero. Lui proseguirà il cammino con  la Juventus, lui punterà alla conquista dell’ultimo piano di quel Palazzo d’Inverno inaccessibile ai più: c’è chi ripone speranze maldestre in improvvisati tycoon provenienti dal sud-est asiatico, chi continua a costruire basandosi su granitiche certezze consolidate negli anni.

Gennaro Acunzo

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