Juventus-Palermo, la gara per diverse ragioni più amata da quel grande panormita che fu Vladimiro Caminiti, si è conclusa con la vittoria schiacciante dei pluriscudettati.
Solo un’imprevedibile rivoluzione copernicana potrebbe ora impedire ai bianconeri di emulare i loro antenati del quinquennio 1930-1935 e, successivamente, anche di cancellarli dal libro dei record, stante la mediocrità dell’italica concorrenza e gli ampi margini di miglioramento tuttora perseguibili da un sodalizio che, rispetto agli altri, ha maturato un vantaggio di posizione sostanzialmente quantificabile in un paio di lustri.
I distacchi inflitti nel campionato in corso testimoniano infatti, oltre alla devastante superiorità di Madama, anche la crescente pochezza di antagoniste comunque annichilite, nonostante l’handicap che, con golfistica e chiaramente involontaria, longanime sportività, i campioni in carica hanno concesso a stagione ancora imberbe.
In tutta franchezza, l’unica insidia che la partita con i rosaneri di Sicilia poteva proporre, non era certamente ascrivibile alla loro dimensione tecnico-tattica, ma bensì a un inadeguato approccio alla contesa della capolista; per sufficienza piuttosto che per l’inconscia sensazione di aver già appeso alla cinta il trentaquattresimo scalpo tricolore.
Eventuali dubbi al riguardo sono stati fugati decisamente in fretta, giacché la zebra, partita a spron battuto, ha impiegato appena una decina di minuti per violare il perimetro difeso da Sorrentino. A prescindere dall’intasamento che si registrava nella metà capo palermitana, pareva l’inizio di una mattanza, con annessa divisione delle spoglie, da consumarsi velocemente, giusto per togliersi il pensiero, invece… appagati e confortati dall’irrisoria facilità con cui hanno graffiato il tabellone, gli strisciati si sono concessi una serie di svagatezze primaverili non culminate in improvvide complicazioni sia per grazia del solito, monumentale Barzagli che per modestia dei contraltari.
Tanto per farsi mancar nulla, poteva forse la Juventus concludere un turno di campionato senza procacciar lavoro allo J Medical? Domanda retorica, risposta scontata. Il nuovo ospite della neonata struttura è, ancora e purtroppo, Claudio Marchisio, vittima di un infortunio che lo estrometterà dai terreni di gioco per parecchio tempo.
Pur dispiaciuti per l’ennesima tegola piombata sul capo flavescente del principino di Andezeno e sulla squadra, è tuttavia pertinente rilevare l’aspetto positivo che ogni inciampo nella malasorte propone: se già era cogente l’acquisizione del diritto alle prestazioni di un centrocampista con pedigree di provato spessore internazionale, adesso la necessità è raddoppiata, con buona pace di chi, anche in panchina, sperava fossero finalmente prossimi i giorni in cui arruolare un trequartista d’elezione.
Ritornando ai giochi di campo, la frazione di clausura ha proposto una Juve meno svogliata, alla quale sono bastate una circolazione meno farraginosa della palla e qualche prodezza dei prediletti di Eupalla ( il tersicoreo di Francia e il colombiano in affitto su tutti ) per evadere la pratica con disinvoltura addirittura più spicciola di quella adottata da Zamparini nei rapporti con gli allenatori.
Apprezzate la crescente sicurezza di Rugani e l’indiscussa, eccellente caratura di Khedira, per il quale è d’obbligo emanare un sospirone di sollievo dopo ogni caduta o contatto che lo vede protagonista, è doveroso rimarcare il tripudio con cui i compagni hanno accolto la rete segnata da Padoin ( quarta del lotto ); un silente operaio del pallone la cui inesistente visibilità mediatica avrebbe sicuramente ispirato la vena poetica del citato “Camin”.
D’ora in avanti la curiosità generale sarà volta a individuare in quale turno apparirà ufficialmente la scritta game-over sulla moribonda SerieA. All’uopo, poiché non si registra sessione da cui la Signora Multistelle si affranchi fisicamente indenne, è ragionevole supporre che in corso Galileo Ferraris auspichino una chiusura del sipario quanto più possibilmente anticipata.
Affinché questo si verifichi, la Göeba deve fare una cosa sola, quella che meglio le riesce e che, fra le mura amiche, non ammette più deroghe: continuare a vincere!
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