Le “cinque mosse” di Allegri che hanno conquistato la Juventus

Qualche partita ancora e poi la firma? E’ quanto trapela dagli ambienti bianconeri: non che il fatidico nero su bianco sia legato ai risultati ancora da conquistare (Scudetto e Coppa Italia), ma come è giusto che sia, le parti vogliono concordare il tutto al momento giusto. Ossia, a stagione conclusa. Stile Juve, stile Allegri: e bravo chi trova le differenze. Un rinnovo sul quale in molti, a inizio anno, nutrivano dubbi e incertezze, ma che rappresenta forse il principale obiettivo “di mercato” della società bianconera. Max deve continuare ad essere l’allenatore della Juventus, pochissimi dubbi. Un merito conquistato sul campo, e che passa per almeno cinque grandi traguardi che il tecnico ha saputo non solo raggiungere, ma migliorare costantemente. Un rinnovo che entra nell’ottica di una progettualità tecnico-tattica all’interno della quale è previsto, al netto di ogni scaramanzia o ipocrita prudenza, tornare ad alzare al cielo quella coppa. Ormai è inutile nascondersi, il prossimo obiettivo della Juventus è quello: guardare i sorteggi di stamattina per credere.

PRIMO PUNTO: LA GESTIONE DEL DOPO-CONTE. Soltanto un tecnico dalle spalle larghe, anzi enormi, poteva riuscire ad anestetizzare lo scisma del 15 luglio 2015 evitando contraccolpi nell’ambiente: ormai è passato del tempo, ma non fa mai male ricordarlo. Fedele al suo mantra, Allegri ha portato una grande “halma” nello spogliatoio, ha proseguito sui principi tattici di Conte (il dogma del 3-5-2), innestando su quell’abito il proprio modo di intendere il calcio, fatto più di un possesso palla più “ragionato” e di una migliore gestione delle fasi della partita. Come disse qualcuno, se Conte era l’allenatore adatto per conquistare il potere, Allegri è quello giusto per conservarlo.

SECONDO PUNTO: L’INTELLIGENZA TATTICA. Lo “sdoganamento” della difesa a 4, durante la scorsa stagione, fu reso possibile dalla presenza di Vidal, reinventato trequartista, o dall’alternativa Pereyra, autore di una strepitosa seconda parte di stagione. La società non è ancora riuscita a comprare il trequartista su cui Allegri vorrebbe incentrare il proprio gioco, e di conseguenza il tecnico si è “arrangiato”: quest’anno, complici le condizioni poco brillanti di Pereyra (e la consapevolezza di non poter far giocare Hernanes in quella posizione), si è passati per una fase di esperimenti “forzati” in cui le varie soluzioni (4-3-3, 4-3-1-2) non hanno dato i risultati sperati, per poi virare sulle certezze. Solita insuperabile difesa a 3, oppure un 4-4-2 ibrido con Barzagli pronto a fungere da terzino, Pogba abile ad allargarsi sulla sinistra e Cuadrado a sprintare sulla corsia destra. Perché Morata non è un attaccante esterno, perché Dybala non è una prima punta, perchè non esiste un vero trequartista in rosa: se non è “arrangiarsi” questo…

TERZO PUNTO: LA CRESCITA DEI “GIOVANI”. In questo, probabilmente il migliore: perché inserire un giovane all’interno di contesto nuovo, competitivo ed esigente come quello bianconero, può essere un boomerang fatale. L’inserimento di Morata, nello scorso campionato, venne centellinato fino a fare dello spagnolo un titolare fisso: lo stesso dicasi per Dybala quest’anno (al netto delle fesserie scritte sui giornali nella prima parte della stagione) e di recente per Rugani. In particolare sull’argentino, il tecnico livornese ha fatto un lavoro meraviglioso, trasformandolo da prima punta a fenomenale attaccante di raccordo. Futuro da trequartista? Non è un’utopia, soprattutto se davanti ci saranno due attaccanti pronti ad aiutare in fase di non possesso.  Banner-Editoriale-Gennaro-Acunzo

QUARTO PUNTO: MENTALITA’ E GIOCO “EUROPEI”. Quello che veniva sempre rimproverato alla Juventus di Conte: forte in patria, timida fuori. Concetto che è stato completamente ribaltato da Allegri: la Juventus è sempre la stessa, perché accetta di giocare a viso aperto e di ribattere colpo su colpo anche ad avversarie sulla carta più forti. E’ successo contro il Real Madrid, nella finale con il Barcellona, agli ottavi di quest’anno col Bayern Monaco: la Juventus ha accettato il confronto a viso aperto, e non è stata mai ridimensionata. I bianconeri quest’anno praticano un possesso palla più accorto, hanno arretrato leggermente il baricentro perché con attaccanti rapidi (Morata, Dybala, Cuadrado) si riesce a capovolgere l’azione rapidamente: in più la fisicità di Mandzukic consente di tenere impegnati almeno due difensori, garantendo dunque l’allungamento delle difese avversarie. Di qui la rabbia di Allegri quando il croato eccede in generosità difensiva.

QUINTO PUNTO: L’UOMO-ALLEGRI. In pochi potranno negare che mister Allegri sia un gran comunicatore. Sapiente utilizzo dei social network (il #fiuuu post-Olympiakos è diventata ormai una epic cit.), nessuna polemica, sorriso e battuta sempre pronte, abilità nell’usare bastone e carota coi giocatori. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto e saputo gestire il difficile avvio di campionato (ed in questo grandissimo merito va dato anche alla società, che non ha pensato nemmeno per un secondo all’esonero). Se la pecca di Conte, talvolta, era quella di avvelenare troppo l’ambiente pompando benzina sulla “sindrome dell’accerchiato”, con Allegri questo non è mai successo: e le sue conferenze stampa pre-partita, a volte, andrebbero riviste quando si è di cattivo umore.

La società ha capito che con questo allenatore può tornare a primeggiare in Europa e nel mondo, dunque non avrebbe senso interrompere proprio ora la continuità tecnico-tattica di un progetto ambizioso ma con i piedi per terra. E’ proprio il caso di dire che mai rinnovo fu più meritato. Ma l’ufficialità arriverà al momento giusto, per essere fedeli al tag dell’anno: #civuolehalma.

Gennaro Acunzo

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