Sono martedì scialbi, quelli di questa settimana. E pure i mercoledì non è che si salvino. Senza Champions, con un campionato da vivere – ma quanto ancora in vita? – la stagione appare come una porta aperta quel tanto che basta per un ricambio d’aria. Solo che la Juve, ora come ora, ha la stessa fretta di tua madre quando vuol serrare le finestre per evitare strane correnti.
Ecco: non è che sia tutto chiuso, ma manca poco, ma manca sempre meno. Qualche punto, qualche gol, poi sarà un’altra estate di parole, magari di un buon Europeo, però senza Juve. E toccherà riabituarsi, disfare quanto costruito e soprattutto tornare lì, a provarci, a sentirsi invincibili, a perderci voce e salute in martedì e mercoledì di un altro sapore.
Ieri sera, lo zapping è stato letale. Lo sarà anche tra un po’, con quel Bayern sugli scudi pronto a regalare un’altra bella storia ai Guardiolers. Però ieri c’ha messo tanto, troppo del suo: ha permesso al Manchester City di riscrivere la propria storia. Fatta di milioni, vero. Però anche di un angolo di romanticismo che non può non toccarti: per anni sono stati i ‘cugini’, i vicini di quelli lì, vissuti all’ombra del potente e mai realmente in grado di rialzare la testa. Vederli lottare in uno ‘squallido’ quinto posto in campionato oggi, e vederli dall’alto di una semifinale di Champions, dev’essere in parte confortante.
Non lo è per i tifosi bianconeri, neanche un po’. Che quegli altri li han battuti, strapazzati, dominati in lungo e in largo e in qualsiasi prospettiva la si voglia vedere. E che ora se li ritrovano sul podio d’Europa, a farsi belli, a prender lodi. E a far rabbia, tantissima.
È stato un martedì scialbo, sì. Come lo sarà questo mercoeldì. Perché riporta tutto a galla: la paura, la reazione, il cuore e la beffa. Perché riporta lo schiaffo di Coman, la rabbia per un Chiellini nuovamente da recuperare, quei venti minuti di puro terrore in grado di pregiudicare tutto.
Storia di bicchieri, mezzi vuoti e mezzi pieni, ma comunque sempre a metà. Storia che dà tuttavia un’altra consapevolezza in un’altra prospettiva: se quello dell’anno scorso può essere considerato come un casuale exploit, il gioco e la testa di questa stagione non possono non ammetterlo chiaro e tondo. È un’altra Juve. Ed era dal 2006 che non godevamo di una squadra del genere. Ora si può, ora si deve quasi. Ora c’è solo un’altra estate, ci sono le parole ed il mercato, c’è un’altra stagione da aspettare con impazienza. Cioè, precisiamo: c’è sempre da chiudere quella porta, anzi quel paio. Una a Torino, l’altra a Roma. Poi, poi si tornerà a spalancare tutto…
This post was last modified on 13 Aprile 2016 - 22:15