In passato questa era un po’ come la notte prima degli esami per un maturando. La tensione era alle stelle, per una partita che non è mai stata come le altre.
Erano gli anni del Milan formato Champions e dalla Juve che dominava in Italia. Erano gli anni di Shevchenko, Nedved, Kakà e Cannavaro che si spartivano Palloni d’oro facendo vedere al mondo intero quanto l’Italia fosse la terra promessa del calcio. Erano gli anni in cui Milan-Juve rappresentava il big match italiano per eccellenza e il meglio che si potesse trovare in Europa, con la finale di Champions del 2003 a testimoniarlo. Erano gli anni in cui i rossoneri erano guidati da uno come Ancelotti, che qualche anno più tardi sarebbe diventato uno dei tecnici più vincenti al mondo e i bianconeri da Lippi prima, Capello poi.
Come dimenticare poi i missili di Seedorf e Nedved, le sgroppate di Camoranesi e Cafù, i muscoli di Gattuso e Davids, i goal capolavoro di Del Piero e Shevchenko o quelli “di rapina” di Trezeguet e Inzaghi. Sarà sicuramente un senso di rabbia mista a nostalgia quello che pervade l’animo dei tifosi rossoneri che un decennio più tardi vedono la propria squadra del cuore barcollare nell’oblio della metà classifica. I tifosi juventini, d’altro canto, anche se non lo ammetteranno mai, sono i primi a rimpiangere una match che ha sempre tenuto tutti con il fiato sospeso, portando a volte gioia, a volte dolore: sentimenti contrastanti che fanno del calcio il gioco più bello del mondo.
Sembra impossibile che una squadra come il Milan, capace di vincere 2 Champions tra il 2003 e il 2006, sia diventata in pochi anni una squadra che, dopo la vittoria del campionato e il secondo posto targati Allegri, ha collezionato un terzo posto nel 2013, un ottavo posto nella stagione successiva e il penoso decimo posto dell’anno scorso. Ciò che più preoccupa è la totale mancanza di progettazione, con una dirigenza in confusione e una figura come quella del presidente Berlusconi che forse non è più in grado di gestire un team che lui stesso fece diventare un modello e che ora, complici scelte discutibili, sta diventando quasi provinciale. Tutto questo non fa altro che ingigantire il divario con la squadra torinese, che a differenza dei diavoli rossoneri ha saputo rialzarsi dopo due stagioni fallimentari, gettando le basi per una super Juve che 5 anni dopo gongola per i tanti successi ottenuti.
Per il resto, la gara di domani avrà un sapore dolce amaro: si affrontano due squadre che vivono in dimensioni completamente opposte. Una, la Juve, sta già pregustando il quinto titolo consecutivo e arriva con il morale alle stelle conscia del fatto che in caso di vittoria diminuirebbero le possibilità di rimonta del Napoli. L’altra, il Milan, si presenterà a San Siro non solo con lo sfavore del pronostico, ma pure con un clima di alta tensione causato dalla precarietà di allenatore e gran parte dei giocatori, che ormai vivono di ultimatum in ultimatum.
Nonostante tutto, noi ci appigliamo al prestigio di una partita in cui per novanta minuti più eventuale recupero, il distacco in classifica non conterà. Anche perché, se dovessimo basarci sui 119 punti di vantaggio dal Milan accumulati dai bianconeri negli ultimi 4 anni, non ci sarebbe proprio storia.
Pietro Pregnolato
This post was last modified on 10 Aprile 2016 - 00:20