Un comunicato stampa di una società nei confronti di un giornalista o, anche, di una testata è qualcosa di normale. E, quindi, quanto fatto dal Napoli con Mediaset – e, in particolare, con Paolo Bargiggia – potrebbe rientrare nella normalità, se non fosse per i modi e i toni usati: la solita retorica dei “poteri forti”, che vogliono destabilizzare “un ambiente carico e sereno”, ha scocciato.
Il calciomercato non è una scienza, si sa: un affare fatto può saltare da un momento all’altro. E, quindi, è chiaro che sia impossibile prevedere ogni movimento. Ma non possiamo credere nella malafede di un giornalista, che fa il suo lavoro da anni, tanto più se gli si muovono accuse senza criterio. Se la notizia dovesse rivelarsi infondata, ovviamente, Bargiggia dovrà prenderne atto e, magari, scegliere con più cura le sue fonti; ciò, però, rientra nella sua professionalità, che non può essere intaccata così apertamente.
Il Napoli sta vivendo questa lotta per lo scudetto come una battaglia, evidentemente combattuta contro i mulini a vento. Si è letto di motivazioni economiche dietro il gesto della società azzurra, ma le indiscrezioni giornalistiche hanno un peso specifico relativo in fase di trattativa. È che, forse, il presidente cercava facili consensi, che non ha mai avuto, nonostate gli ottimi risultati conseguiti. E, stando a quanto arriva dalla piazza napoletana, è riuscito nel suo intento. Perché, parliamoci chiaro, ha dato ai tifosi ciò che chiedevano: zittire chi vuole rovinare il sogno, per qualche oscuro motivo.
Poco importa se la principale rivale al titolo, la Juventus, subisca quotidianamente attacchi mediatici: da chi spera in una sconfitta dei bianconeri, per “risollevare il Paese”, a chi mette i bavagli in diretta, sostenendo apertamente che “rubino”. E vogliamo tralasciare i commenti di quei tifosi, travestiti da giornalisti, che si danno a invettive contro la “razza juventina” – una brutta razza, dicono – e si riscoprono cultori delle più raffinate teorie del complotto. È questo il giornalismo da condannare, senza distinzione di colori, perché fonte d’odio: è facile indignarsi, ma bisognerebbe collaborare per distendere il clima ed evitare casi come quello dello Juventus Club DOC di Eboli, assaltato da un gruppo di vandali.
La differenza sta nella risposta: il silenzio della Signora e la rabbia del Napoli. Il silenzio, ecco: non è un segnale di debolezza, ma di grandezza. “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa“, scriveva Dante e, a quanto pare, i bianconeri hanno preso alla lettera quel passaggio. Una grande società deve farlo, specialmente se la critica ha basi troppo fragili: gridare, spesso, è solamente un segnale di debolezza. È bene lasciare all’intelligenza comune le dovute riflessioni sulla qualità dell’informazione, evitando cadute di stile. Che in un mondo d’urlatori ha sempre più importanza.
Felice Lanzaro (@FeliceLanzaro)