Se questa storia fosse stata tramutata in un film anche mal interpretato da attori dalle dubbie capacità recitative, statene certi, avrebbe riscosso certamente un gran successo a causa della sua assurdità. Il tema del resto sarebbe stato forte e senza dubbio commovente per il telespettatore. Sì, del resto forse dovremmo aggiungere “tele” come suffisso, perché in virtù del numero di sentenze, più che di un film avremmo potuto parlare ancor meglio di una fiction. Si tratta della storia di Antonio Dattilo, ex arbitro calabrese coinvolto suo malgrado nel processo di Calciopoli che, al di là degli schieramenti di ognuno, ha scritto nei confronti di quest’uomo una pagina nera e che porterà il nome di ingiustizia. SpazioJ.it lo ha raggiunto telefonicamente e intervistato a tal proposito.
Per chi non lo sapesse, o per chi non lo ricordasse, tutto ebbe inizio il 26 settembre 2004 in occasione della gara di campionato Udinese-Brescia. L’arbitro è proprio Antonio Dattilo, che ammonisce tre giocatori della squadra friulana ed espelle Jankulosvki. Il tutto, sembrerebbe, per favorire la Juventus prossima avversaria della compagine allenata all’epoca da Luciano Spalletti. Perlomeno stando alle accuse che gli verranno rivolte al processo. Tuttavia i giocatori ammoniti da Dattilo non risultano diffidati (difatti prenderanno regolarmente parte della sfida contro la Juve), mentre il rosso estratto ai danni di Jankulovski non fa altro che punire la follia del ceco, reo di aver sferrato un pugno in faccia all’avversario. Fra l’altro, ad accorgersi del brutto gesto del giocatore fu il guardalinee Camerota, che per l’appunto segnalò l’accaduto a Dattilo. Espulsione sacrosanta dunque.
– Dattilo, sembrava che le prove la scagionassero ma il giudice Casoria, dopo aver depennato le accuse precedenti, l’ha condannata comunque per via di un contatto ritenuto “in prossimità della partita Udinese-Brescia” che avrebbe avuto con Moggi attraverso l’ausilio di una scheda svizzera che, peraltro, lei ha sempre sostenuto di non avere mai posseduto. Solo che il contatto è avvenuto a fine novembre, praticamente due mesi dopo il match posto sotto la lente della Giustizia…
“Se questa è una motivazione per darmi 15 mesi di condanna in Primo Grado, ditemi voi. Probabilmente il giudice Casoria non ha letto bene le carte. Fra l’altro la cosa da sottolineare è che nel corso delle indagini espletate dalla Procura di Torino, che poi sono state archiviate dal procuratore Guariniello e passate alla Procura di Napoli, io non ho mai arbitrato la Juventus ne in amichevole, ne in Coppa Italia e ne in campionato. Eppure io sono stato sospeso, sono stato multato di circa 30.000 euro e denigrato nonostante non avessi avuto nessuna responsabilità in una partita che tutti hanno visto”.
Cosa successe esattamente in quell’Udinese-Brescia?
“E’ successo che io ho ammonito tre giocatori dell’Udinese che peraltro non risultavano in diffida. L’espulsione di Jankulovski, sacrosanta, l’ha segnalata l’assistente Camerota visto che la manata del giocatore ceco all’avversario non l’ho proprio vista. Quindi io non ho procurato nessun dolo, anche perché tutti i giocatori ammoniti hanno giocato la partita successiva contro la Juventus. Per quanto mi riguarda, invece, dopo quella famosa partita sono stato sospeso per un mese. In quel lasso di tempo sono stato a Coverciano a svolgere i ritiri, gli allenamenti e i raduni, ma non sono stato mai designato dalla commissione presieduta da Bergamo e Pairetto. Poi ho iniziato a fare qualche partita in Serie D facendo il quarto uomo. Ho ricominciato soltanto a gennaio a dirigere in Serie A e, se non ricordo male, si trattava di Parma-Udinese giocata in notturna, di sabato sera. Fortunatamente ho fatto una buona partita, è andata bene e nessuno si è lamentato”.
– Perché viene quindi condannato anche in Appello nonostante nulla sia riuscito a provare un suo presunto favoritismo nei confronti della Juventus?
“Probabilmente hanno fatto copia-incolla dal processo di Primo Grado. In Appello mi hanno fatto uno sconto di soli 5 mesi, riducendo quindi la pena da 15 a 10 mesi e non ho capito nemmeno il perché. Poi, in Cassazione, per quanto mi riguarda è stato addirittura il Procuratore Generale a chiedere la piena assoluzione per non aver commesso il fatto. Il punto è che ero finito dentro un gran calderone dove soltanto uno ha pagato in via definitiva, De Santis. Io penso che almeno il 50% degli indagati sarebbero dovuti essere prosciolti immediatamente. La verità è che il tutto è sembrato un vero e proprio film dell’assurdo”.
– Qualcuno le suggeriva di non procedere oltre i due gradi di giudizio con cui la Giustizia italiana si era già espressa nei suoi confronti, quindi accettando la Prescrizione. Magari potendo lei non provare più alcuna fiducia nei confronti del sistema giudiziario. Tuttavia non lo ha fatto, portando avanti sino alla Cassazione la battaglia. E’ stato davvero sempre convinto che la sua versione sarebbe venuta fuori?
“Non ho accettato la Prescrizione perché ci ho creduto fino alla fine. E non l’ho fatto per me stesso quanto per la mia famiglia. L’ho fatto solo per loro, affinché possano camminare tutti a testa alta e con la consapevolezza della mia totale innocenza. Ripeto, la Pubblica Accusa ha richiesto ai giudici in Cassazione la mia piena assoluzione, e questo già fa ridere perché rende l’idea della mia innocenza. Qualche mio collega la Prescrizione l’ha avuta ma non so perché, non gliel’ho mai chiesto. Forse non erano consapevoli di poter raggiungere un giudizio a loro favorevole. Io mi sono trovato in un calderone come tanti colleghi, un calderone che ci ha stroncato la carriera, ed al quale ho dedicato quasi vent’anni. Avrei potuto ancora arbitrare, avrei smesso il 30 giugno 2016. Dunque al termine di questa stagione. Ho diretto quattro gare internazionali da quarto uomo, due in Europa League e due in Champions League ed ero uno dei più giovani arbitri italiani, per cui questa vicenda mi ha di fatto stroncato la prosecuzione della professione, oltre che farmi spendere un patrimonio in avvocati, in viaggi e pernottamenti, che invece avrei potuto lasciare ai miei figli ed alla mia famiglia”.
– Secondo lei perché il processo si è tenuto a Napoli e non a Roma, dove ricordiamo che i Carabinieri hanno condotto le indagini, o al massimo a Torino, luogo dei presunti reati?
“A Torino avevano archiviato e spostato il tutto a Napoli. Noi tutti abbiamo chiesto lo spostamento a Roma e poi le indagini le hanno fatte quelli di Napoli, e quindi hanno fatto un po’ come hanno voluto loro e non si è capito granché sinceramente. Io ho visto soltanto telecamere in quelle aule perché io ho partecipato in Primo Grado e Secondo Grado, dato che in Cassazione non ci sono mai andato. La sentenza l’ho attesa dal mio avvocato. Il tutto è stata una vergogna totale ed in aula non ci sono entrato perché ho effettuato tantissimi viaggi che hanno prosciugato energie e tanti soldi. Ma anche perché avevo visto di tutto: avvocati ridere, la Casoria pure. Una vergogna. Pensi che l’operazione si chiamava “Offside” e la Casoria (Giudice del processo di Primo Grado, ndr), durante la prima udienza al quale io ero presente, si è girata alla sua destra per chiedere al Generale cosa significasse Offside, essendo questo un termine inglese che di fatto traduceva la parola fuorigioco. Quindi sin da quell’episodio ho compreso che certamente non si era partiti con i buoni presupposti”.
– Che idea si è fatto alla fine di tutto, riguardo l’esclusione totale di Moratti e Facchetti dal processo?
“L’esclusione totale è avvenuta in quanto i pubblici ministeri hanno sbobinato soltanto le telefonate che hanno avuto a piacere ed a favore della Pubblica Accusa. Perché noi arbitri dobbiamo ringraziare soltanto il signor Moggi, dato che ha avuto le possibilità economiche di assumere un informatico (dott. Nicola Penta) che, al di là delle ragioni dovute alla mia famiglia, mi ha convinto di proseguire fino alla fine dicendomi che mi avrebbe tirato fuori. Il signor Penta ha difatti sbobinato e ascoltato tutte le telefonate che poi sono venute a galla lavorando mesi e mesi, continuamente, facendo così uscire le telefonate di Facchetti e Moratti con Bergamo, Pairetto, De Santis ecc. Quindi noi tutti, ripeto, dobbiamo essere grati al signor Moggi per l’ingegnosità e la forza economica a disposizione, e che noi purtroppo non disponevamo, per ricorrere al dott. Penta che, a mio parere, è stato il vero vincitore del processo in Cassazione a favore di tutti, non soltanto mio. Ed è grazie a lui che sono venuti fuori gli altarini. Perché i dottori Narducci e Beatrice hanno fatto quello che hanno voluto. Fra le altre cose il colonnello Auricchio, che ha svolto le indagini, era un amico intimo del d.s. della Roma di allora (Franco Baldini, ndr) tant’è che ha fatto una brutta figura in tribunale quando gli avvocati lo hanno incalzato chiedendogli se conoscesse l’allora d.s. giallorosso, e i due erano proprio amici per la pelle. Questi sono tutti dati di fatto messi agli atti ed al quale io ero presente. Registrate e che io ho ascoltato decine di volte”.
– Considerando che a lei è stata affibbiata l’accusa di associazione a delinquere a causa di tre ammonizioni ed un’espulsione, che fra l’altro non hanno assolutamente favorito la Juventus come gli stessi fatti hanno dimostrato, oltre ad un contatto telefonico avvenuto due mesi dopo la partita incriminata, se la sente oggi di dare ancora fiducia alla Giustizia italiana?
“Se dovessi dare un consiglio ad un cittadino italiano, al di là del mio caso, direi di si perché se non si ha fiducia nella Giustizia dove finiremmo? E a dirlo sono io nonostante il verdetto del 24 marzo dell’anno scorso abbia sancito la mia completa assoluzione senza comunque godere di questa, anche perché questa vicenda mi ha fatto troppo male, e si sarebbe dovuta concludere molto prima. Avrebbero dovuto prosciogliermi nelle fasi preliminari. Dispiace anche perché si tratta di vicissitudini che non dovrebbero accadere, che non auguro a nessuno e che chi le ha subite, sicuramente porterà i segni per tutta la vita. Io oggi non vedo partite di Serie A, Champions League o comunque calcio professionistico. La mia posizione, rispetto a quella di tutti gli indagati, infine, era la più nitida. Si tratta di una vittoria in Cassazione soltanto per tutta la mia famiglia, ma per quanto mi riguarda è anche una gravissima sconfitta di tutto il sistema giudiziario”.
Si ringrazia ancora Antonio Dattilo per la concessione dell’intervista. Fonte foto: StadioRadio.it
Rocco Crea (Twitter @Rocco_Crea)