La differenza tra Juve e Napoli la fa la panchina. Questo sostengono in tanti, ritenendo che la qualità dell seconde linee a disposizione di Allegri gli permetta di poter contare su più giocatori all’altezza, anche in situazioni d’emergenza. Senz’altro vero, ma la forza delle riserve juventine è qualcosa che va ben oltre i piedi o il fisico. La vera forza di chi subentra o gioca meno è nella testa. In quello sguardo da guerriero che indossa anche chi entra gli ultimi cinque minuti o chi sta fermo per mesi. E poi, magari, ti risolve una partita.
L’ultimo esempio, forse quello davvero perfetto, è Mario Lemina. La sua ultima presenza in Serie A era datata, pensate, 28 ottobre 2015. Oltre quattro mesi fa. Poi gli infortuni l’hanno bloccato, facendolo quasi finire nel dimenticatoio. Alla Juve, però, l’hanno aspettato e, al momento giusto. Allegri l’ha rigettato nella mischia. Con grande successo. Lui, dal canto suo, ha combattuto fin dal primo istante in cui ha rimesso piede in campo e il gol meraviglioso non è altro che una naturale conseguenza della voglia di essere decisivo che accompagna ogni bianconero. Anche quando invece dei 90 minuti ne gioca soltanto 10.
E uno dei motivi per cui la Juve è lassù è proprio questo. Possono cambiare gli interpreti, ma non cambia lo spirito. Può giocare Dybala o Favilli, Marchisio o Hernanes, non cambia nulla. La grinta, la voglia di lottare, l’indole guerriera sono sulla maglia. E chi l’ha indossa non deve far altro che farli vedere al mondo. Missione compiuta. Almeno finora.
Edoardo Siddi
This post was last modified on 7 Marzo 2016 - 18:28