Nell’era del calcio super professionistico e delle belle statuine super pagate, ammetto di subire il fascino degli atleti dal cuore grande. E, specialmente, in bianco e nero.
CUORE JUVE – Fortunatamente nella storia juventina ce ne sono stati tanti che, ad esempio, hanno preferito la serie B al Barcellona o hanno lottato per riportare la Juve dei settimi posti in Europa, fatto lacrimare ed applaudire stadi interi (di casa o avversari). Nella settimana del doppio confronto contro la seconda squadra di Milano (cit. Ezio Maletto su Spazioj), sono ancora venuti fuori quelli che nel cuore bianconero hanno la loro prima qualità, anche al di sopra di quelle tecniche. Il doppio confronto più pazzo che si sia mai visto, d’altronde ha la sua chiave di lettura proprio nelle motivazioni e nella voglia di chi indossa maglia e pantaloncini per professione e che sono completamente cambiate dalla domenica al mercoledì. La sfida allo Stadium viene subito indirizzata dalla logica differenza tecnica che oggi divide i pluricampioni d’Italia da una formazione che ha più equivoci che convinzioni. Ma se il risultato si è sbloccato solo nella ripresa ciò è dovuto a diversi episodi determinanti.
LA SVOLTA – Prima le occasioni mancate, su tutte quella di un rimotivato Hernanes che ha provato a far male alla sua ex e non rimpianta squadra. Non a caso poi la svolta l’ha data Bonucci, certamente non il piede più sopraffino dell’undici di Allegri. Altrettanto certamente però Leo è quello che ha il mix di grinta, voglia e tecnica più alto. E che le partite in area propria, e talvolta in quella avversaria, le vince. Sempre con la maglia inzuppata. Lo stesso Bonucci, in versione di capitano di una Juventus inguardabile, tre giorni dopo esce da San Siro con la testa alta. Unico insieme ad un encomiabile Simone Zaza che, bisogna dirlo, nelle gerarchie degli attaccanti bianconeri è ormai per logica davanti ad un irriconoscibile Morata, la cui stagione è finora l’esatto contrario di quella d’esordio in bianconero. E’ il capitano che prima mette sul dischetto il pallone che trasformerà nel gol che vale la seconda finale di coppa Italia consecutiva e subito dopo va a raccontare in TV la propria delusione per la più brutta partita della Juve di cui sta diventando il simbolo. Speriamo che, come dopo Sassuolo, l’abbiano capita tutti.
IL CORAGGIO DI PARLARE – La stessa indignazione deve aver preso un altro grande cuore bianconero come Marchisio, che ha sofferto di più per la Juventus stando sul divano che in campo. E che ha il coraggio di dire, e mi sembra neanche con toni irriverenti, solo quello che hanno sentito tutti. Ma che scatena una nuova caccia alle streghe, che proprio non capisco.
E qui non si tratta di essere juventini, basta leggere il Buongiorno di ieri di Massimo Gramellini. Uno che il cuore invece ce l’ha granata.
Salvatore Arpaia
This post was last modified on 5 Marzo 2016 - 15:18