L’annuncio dato dal “capo” degli arbitri italiani Nicchi che dal prossimo anno i fischietti potranno partecipare alle trasmissioni televisive post gara, e dire la loro circa gli episodi della partita che hanno arbitrato, ha del clamoroso, anche se in tanti auspicavano il raggiungimento di questo obiettivo.
RIVOLUZIONE – Pure se non si conoscono ancora per bene le modalità di questo loro intervento (quali arbitri, di quali gare, in quali programmi…), si tratta senz’altro di una rivoluzione che nelle intenzioni di Nicchi servirà per avvicinare la classe arbitrale agli utenti del calcio (tifosi in primis, ma anche la stampa) ed evitare polemiche infinite.
Ci riuscirà? Vedremo. Lo stesso Nicchi in realtà ha parlato di sperimentazione, quindi probabilmente lui stesso non sa se la cosa raggiungerà l’effetto sperato. Ma c’è una considerazione, che viene fuori quasi spontanea dalle parole di Nicchi, quando questi parla di “clima cambiato” che permetterebbe tale sperimentazione.
SIAMO SICURI? – È cambiato il clima in un paese in cui l’arbitro della finale dei mondiali è costretto ad un infortunio diplomatico per evitare di essere designato per una partita della sesta di ritorno? È cambiato il clima in un paese in cui ad aprile si festeggerà la maggiore età dell’impatto Ronaldo-Iuliano ed ancora c’è chi cerca Simoni per intervistarlo e farsi raccontare dell’episodio, come fosse un reduce di guerra? È cambiato se un dirigente di società pubblica una foto di un fuorigioco tracciando linee che ignorano le leggi della prospettiva conosciute già dai pittori del Medioevo? È davvero cambiato in un paese dove un allenatore si rifiuta di partecipare ad un confronto con gli arbitri perché ritiene di aver subito troppi torti?
No, caro Nicchi, mi spiace. Ben venga la sperimentazione, ma non si parli di clima cambiato.
Il clima cambierà davvero quando riusciremo a cambiare la cultura sportiva di questo paese. Quando il nome dell’arbitro in una partita sarà meno importante di quello di un portiere o di un attaccante, quando non si aspetteranno le designazioni del giovedì per cominciare a spargere sospetti ed insinuazioni gratuite, quando la si smetterà di individuare nel fischio errato di un uomo solo al centro del campo la causa unica del fallimento di una stagione. Quando si comincerà a capire che un arbitro è bravo o scarso, in forma o fuori forma, mai corrotto o “tifoso”, che altrimenti chiudiamo tutto e andiamo a casa. E, come si vede dall’elenco, la responsabilità di questa rivoluzione culturale è nelle mani dell’informazione e degli addetti ai lavori (calciatori, allenatori) che nulla fanno per “dare una mano”, in campo e fuori, ma, anzi, spesso, sono i primi ad incendiare la casa, magari per un “clic” in più o per nascondere propri errori.
UN FACCIA A FACCIA PER ZITTIRE LA VERGOGNA – Ma, forse, a pensarci bene, questa rivoluzione potrebbe avere inizio proprio dalla “sperimentazione” di Nicchi, se si saprà utilizzarla con intelligenza. Avere un arbitro in trasmissione poche ore dopo la partita non servirà a cambiare certamente la sua decisione presa sul campo, ovviamente. Potrà servire invece, senz’altro, a comprendere il suo punto di vista, quello che ha pensato e come ha giudicato l’azione dalla sua posizione. E da lì, magari cominciare a capire quello che prova quell’uomo, solo nell’arena, osservato da migliaia di occhi in diretta e giudicato da milioni di occhi a casa comodi sul divano. E magari, quella sua spiegazione, quella rivelazione della sua umanità, potrebbe servire a suscitare un po’ di vergogna in tanti provocatori da tastiera, pronti a vedere il marcio dappertutto.
E, partendo da quella vergogna, cominciare davvero a cambiare il modo di pensare.
Francesco Alessandrella
This post was last modified on 2 Marzo 2016 - 19:00