Le emergenze presunte e reali che avrebbero dovuto inficiare almeno un poco la perfezione del giocattolo bavarese si sono svelate per quel che in realtà erano: aria fritta, ma la palla è rotonda e le partite devono essere giocate “finoallafine”;
la macchina da guerra allestita da Guardiola, invece, probabilmente appagata da un vantaggio quasi minuscolo rispetto al calcio stellare esibito per poco meno di un’ora, ha mollato la presa anzitempo e si è fatta incredibilmente rimontare da una Juve che, quando la contesa si è spostata dal piano del gioco a quello della lotta, ha finalmente potuto capitalizzare le proprie infinite risorse caratteriali e inclinare la gara verso gli unici contesti in cui, anche in Europa, è seconda a nessuno: quelli dell’ impeto alimentato da rabbia, cuore, orgoglio e voglia di non arrendersi, mai.
Le ripercussioni morali susseguenti alla condizione di inferiorità avvilente e financo umiliante del bambino che deve battersi contro un adulto, peraltro ulteriormente mortificata da un doppio svantaggio meritatissimo, però maturato in condizioni di palese irregolarità, unite alla stizza per il solito sacrosanto rigore non concesso, avrebbero schiantato qualunque altra compagine; non quella bianconera, ben lungi, nonostante tutto, dall’accettare supinamente il ruolo di vittima sacrificale designata.
Il pareggio finale comunque, per quanto mortifero ai fini della qualificazione al prossimo turno, è solo un cioccolatino che addolcisce per un attimo l’amara evidenza che logoteti e cortigiani a vario titolo si rifiuteranno di ammettere: il gap con la crème continentale non si è assottigliato e, finché c’è stata “non partita”, la sensazione di assistere a un allenamento fra volenterosi dopolavoristi e super professionisti della sfera è stata nel contempo pervasiva e raccapricciante.
L’ultima mezzora, quella su cui si ricameranno tutte le possibili trame a lieto fine della nuova gita in Germania, è sostanzialmente assimilabile ai famosi venti minuti di gloria concessi dal Barcellona a Berlino, non fa testo. Teoricamente ( molto ), l’obbligo di vincere potrebbe anche insufflare il coraggio che durante il primo tempo è stato accuratamente riposto negli armadietti e la spregiudicatezza di chi non ha nulla da perdere; all’atto pratico i miracoli sono tali proprio per la loro straordinarietà e nonostante sia giusto crederci, è preferibile non contarci.
Meglio rallegrarsi per averne visto uno in diretta, giacché segnare due goal al Bayern Monaco con Pogba, Sturaro ed Hernanes a centrocampo rappresenta un’autentica irruzione del soprannaturale nell’ordinarietà del quotidiano; l’irripetibile e casuale sintonizzazione della coscienza ( tifosa ) che, vibrando su frequenze imperscrutabili, genera la risonanza propedeutica alla cattura del sogno attirandone la realizzazione nella realtà manifesta.
Quando al termine di una partita si ricorre alla mozione dei sentimenti e a tutta la retorica che di solito ne accompagna l’argomentazione, significa che una squadra è andata oltre le proprie normali possibilità tecnico-atletiche e ha salvato la buccia comportandosi, secondo certa letteratura, eroicamente.
“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” faceva dire B. Brecht al “suo” Galileo e la citazione è quanto mai adattabile alla condizione della Juventus di coppa che, se non altro, ha riconsegnato all’onor del mondo calcistico l’orpello brasileiro e recuperato alla causa il guerriero croato nel momento clou della stagione.
Sono soprattutto queste le note liete di una bella serata di calcio ( altrui ) che, però, fa storia a sé. I tornei che la Göeba deve obbligatoriamente vincere sono ancora altri e tali rimarranno, purtroppo, per chissà quanto tempo.
Ora è auspicabile che l’evasione dalla routine domestica non abbia prosciugato oltre misura il serbatoio della Jeepventus. Sarà brutto, impopolare e politicamente scorretto affermarlo, ma il vero impegno da non fallire è quello che domenica prossima si fregerà del farlocco titolo di “derby d’Italia”.
Le missioni impossibili sono affascinanti per il loro carattere di aporia, ma si concludono pressoché costantemente con qualche complimento di circostanza e il piatto vuoto, mentre nella dispensa casalinga, scontata e accessibile, qualcosa da mettere sotto i denti si trova sempre.
Questo, è giustappunto il momento in cui scegliere di essere pratici…
Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )