Un fulmine a ciel sereno con tanto di cresta: eccolo, Mario Lemina. Giunto a Torino nelle ultimissime ore di mercato direttamente dall’Olympique Marsiglia. Soltanto un mese prima, era vestito di bianco e giocava proprio contro la Juventus in amichevole: finì per dirsene tante con Mandzukic e Bonucci, ma anche con una voglia di lottare non comune. E pure impossibile da non notare.
I bianconeri ne approfittarono subito: c’era da piazzare De Ceglie ed Isla in Ligue1, e il colpo sarebbe potuto essere decisamente importante in prospettiva. Tant’è, Paratici non se lo fa ripetere due volte e vola a prenderlo. Allegri, complice la crisi a centrocampo, lo getta subito nella mischia: è amore a prima vista. Con il tecnico, con i tifosi, con l’ambiente. Sin dal Genoa, quarta di campionato, quando gli regala il debutto. Lavoro e prestazioni che convincono, e che culminano nel gol al San Paolo: quello della speranza, poi risultata vana.
Fino alla fine, per il centrocampista. O meglio: fino al destino. Perché da lì in poi si spegne assieme alla Juve: dopo la chance sprecata contro il Bologna, l’ultimo match del gabonese è datato addirittura 28 ottobre. Quel giorno arrivò la disfatta del Mapei Stadium, e da lì ripartì una rincorsa spietata verso un inimmaginabile primo posto. Sì, ma senza Lemina. Perché tornano i titolari, e lui sta in disparte. E perché gli infortuni, poi, lo perseguitano: fino a febbraio, quando torna tra i convocati per il Genoa. Anche allora assaggiò di nuovo la panchina, l’atmosfera della partita. Oggi lo farà ancora: sperando di saggiare nuovamente il terreno di gioco. E di meritare quel riscatto – fissato a quasi dieci milioni – per cui vale la pena lottare fino alla fine. O fino al prossimo destino.
This post was last modified on 19 Febbraio 2016 - 11:53