Diciamoci la verità. Ad di là di una breve ma positiva parentesi con Claudio Ranieri, il bel calcio a Roma negli ultimi anni si è visto con Luciano Spalletti. Probabilmente, pioniere di un tiki taka tutto all’italiana, cacciato fuori come un “coniglio dal cilindo”. Gli infortuni dovettero costringere Francesco Totti a giocare da prima punta e, a coprirgli le spalle, ci pensavano Taddei e Perrotta. I fraseggi, quel fluido movimento senza palla degli esterni, la coesione tra reparti. Solo alcune delle caratteristiche acquisite dalla vecchia “Magica” grazie all’intuizione del tecnico toscano.
Ora, non è che da domani si tornerà subito ad ammirare l’organizzazione tattica dei giallorossi di allora. Ci vorrà tempo. Eppure, chi mastica calcio sa bene che i cambi d’allenatore nelle grandi squadre, a pochi giorni dagli scontri diretti, galvanizzano i calciatori. Come se entrassero in un’altra dimensione. Da un lato, la voglia di ben figurare dinanzi al nuovo coach; dall’altro, bisogna sottolineare quanto una pedina fin lì poco utilizzata pensi bene di mettersi in mostra ed emergere. Facendo, peraltro, mangiare i gomiti al predecessore francese. Del resto ci sta, per migliorarsi un minimo di sana competizione serve eccome.
Probabilmente, avendo ad oggi ben pochi elementi per cui analizzare la Roma “targata” Spalletti, l’unico aspetto pericoloso da prendere in considerazione potrebbe risultare proprio questo. Esistono, poi, altri enigmi da decifrare. Il ruolo che avrà “er Pupone”, le posizioni di Pjanic e Nainggolan a centrocampo, lo schieramento della difesa ecc. Sicuro, l’ex Zenit intende rivitalizzare l’ariete Edin Dzeko, perno dell’attacco romanista al centro di un progetto societario serio che non può terminare così, senza ulteriori chance. A proposito, meglio non sottovalutarlo. Ricordate cosa successe all’andata?
Paolo Panico
This post was last modified on 23 Gennaio 2016 - 21:13