Torino, sul finire dell’ottocento, si stava trasformando. Perso il titolo di capitale d’Italia, non senza conseguenze, s’accingeva a diventare un polo industriale, che nel secolo successivo farà da traino per l’economia nazionale. La lavorazione della seta la faceva da padrone, anche se non per molto: la fondazione delle Officine Savigliano, nel 1880, segnerà la svolta dell’industria torinese, che assumerà una vera e propria vocazione meccanica. E l’Esposizione generale di quattro anni più tardi mostrerà agli occhi della nascente Italia le meraviglie dell’elettricità, che muoveva allora i primi passi.
QUELLA PANCHINA – La borghesia, affiancata dal crescente proletariato, abitava i palazzoni della zona liberty. I loro figli non potevano che frequentare le migliori scuole della città, tra cui il liceo classico d’Azeglio. La fine delle lezioni, per buona parte degli studenti, significava liberazione. Sarà stato così anche per quei ragazzetti che erano soliti trovarsi su una panchina di corso Re Umberto. Per loro, era semplicemente “la panca”.
MADE IN ENGLAND – Erano affascinati da un gioco, nuovo, che stava appassionando sempre più persone: il foot-ball. L’avevano inventato gli inglesi e tale Edoardo Bosio, torinese che intratteneva rapporti commerciali con i sudditi di Sua Maestà, aveva contribuito alla sua diffusione in città. Aveva pure dato vita a una squadra, alla quale seguirono altre. E quel gruppo di studenti del d’Azeglio, seduti su quella panchina di corso Re Umberto, s’erano detti: “Perché non ci proviamo anche noi?”.
Avevano fatto una colletta, per comprare un pallone di cuoio, uno di quelli che venivano dall’Inghilterra. Costava abbastanza per l’epoca, dodici lire: era un tesoro, insomma. “Fondiamo un club sportivo!”, dicono i più audaci; “macchè!”, rispondono altri. Fatto sta che i fratelli Canfari, Eugenio ed Enrico, fissano la prima riunione: l’appuntamento è sul retro della loro officina di biciclette.
SI SCRIVE LA STORIA – È il primo novembre del 1897, una data che diventerà storica. Si presentano una ventina di persone, tutti adolescenti. “Ragazzi, c’è da versare un contributo mensile, una lira ciascuno”, disse uno dei fratelli. E, tra i venti presenti, qualcuno cambiò idea: quel progetto, in fondo, non è che li entusiasmasse più di tanto. Rimasero comunque una quindicina, un buon numero, tutto sommato.
SARÀ JUVENTUS – Ora, c’era da scegliere il nome. Semplice? Non proprio. “Ne fioccarono di tutti i generi”, racconta Enrico Canfari in suo scritto. Dopo tanto dibattere, si arrivò a tre possibilità: Società Via Fort, Società Polisportiva Massimo d’Azeglio e Sport Club Juventus. “Per quest’ultimo pochi simpatizzavano”, continua Canfari. “Mi sembrava che più non s’addicesse a soci fatti maturi”. Ma questa paura sarà presto vinta: “Nella Juventus non si invecchia… invecchia invece la juventus”. E, così, in quel pomeriggio di fine ottocento nascerà una leggenda.
Felice Lanzaro (@FeliceLanzaro)
This post was last modified on 22 Gennaio 2016 - 10:39