Era la prova del nove; per il numero di vittorie consecutive da realizzare e anche per Álvaro Morata, che quel numero lo porta sulla schiena senza onorarlo con una rete, come ruolo imporrebbe, da troppo tempo; la Juve l’ha superata, lo spagnolo no.
Le “sorprese” rimaste impigliate nella calza della Befana, e consegnate in leggero ritardo a chi di dovere, avevano posto la Juventus nella piacevole condizione di accorciare ulteriormente il divario dalla vetta della classifica, sfoltendo nel contempo anche il traffico sulla corsia di una marcia che ha consentito di attutire l’handicap, peraltro autoimposto, accusato nelle prime dieci giornate del torneo.
Per almeno un’ora la pratica Sampdoria si era svelata decisamente più semplice del previsto. La zebra, pur brucando l’erba del L. Ferraris con cadenze affatto tremendiste, aveva esercitato un dominio totale, fedelmente legittimato da un doppio vantaggio apparentemente inscalfibile e maturato in forza di una netta superiorità fisica, ma soprattutto tecnica, espressa principalmente dai suoi cavalieri più dotati; infatti, ancora una volta i migliori in campo sono stati il delfino di Francia e il “Sivorino”, al secolo: P. Dybala.
Al contrario, la persistente renitenza a qualunque vaticinio minimamente intrigante del cosiddetto “profeta” Hernanes, schierato nella posizione abitualmente occupata da Marchisio, ne ha vieppiù sancito l’inutilità; molto impreciso nel servire i compagni, decisamente spaesato durante le fasi di non possesso e filtro, il brasiliano ha deluso non poco, specialmente in considerazione del fatto che il suo impiego è avvenuto nell’ambito di un meccanismo ormai collaudato e funzionante.
È comunque acclarato che proporre il suddetto in una formazione comprensiva di S. Khedira penalizza gravemente il dinamismo di Madama, ma poiché il teutonico sopperisce abbondantemente la scarsa proclività alla corsa con un senso tattico di primissimo ordine, appare evidente a chi, stante la penuria di alternative parimenti qualificate, augurare tanta, tanta salute fino alle idi di giugno.
Qualche occasione sbagliata, sesquipedale quella divorata dal caballero madrileno, e un controllo delle operazioni non affannoso ha indotto nei bianconeri la sensazione che la gara non avesse più storia.
Il calo di attenzione è stato immediatamente punito dal primo tiro indirizzato verso il perimetro difeso da Buffon e ha dato la stura a un capitolo che, oltre agli spettatori di parte, avrà sicuramente fatto imbestialire anche Allegri; per la gestione troppo disinvolta del vantaggio, diventato minimo, e per i rischi assunti con un atteggiamento eccessivamente remissivo e financo non giustificato dall’inconsistenza di blucerchiati disperatamente avvinti alla figura dell’ ex giocatore di Bari vecchia.
La resurrezione, solo morale, dei genovesi è bastata per far riaffiorare i fantasmi di Modena e confermare che l’avversario più insidioso della squadra campione è la perniciosa tendenza ad allentare la tensione agonistica ed a gigioneggiare senza costrutto e/o volontà di seppellire definitivamente un avversario che, nel caso di specie, si era già matato da solo con la preventiva rinuncia all’unico tema che possa mettere in difficoltà i tetracampeones, cioè: attaccarli sulle fasce per creare varchi al centro della loro area.
Quanto abbia inciso il progressivo smorzarsi della gagliardia atletica è tutto da verificare, ma tale sopravvenienza non può essere considerata sorprendente alla luce del richiamo di preparazione praticato durante la lunga pausa festiva.
Giunta a metà del guado dopo un’eclatante riscrittura della graduatoria avvenuta in tempi relativamente brevi, sia per merito che per pochezza della concorrenza, la Juventus, allo stato dell’arte denuncia due problemi reali e uno potenziale: l’assenza di un centrocampista pensante, l’involuzione di Morata, diventato più evanescente di un ologramma e il possibile compiacimento per aver riallineato i binari di un campionato sui quali sarà cogente scorrere sin dal prossimo impegno in terra friulana.
A tale riguardo, emergerà l’effettiva sagacia del tecnico nel dosare sapientemente bastone e carota.
Caccia alla “decima”, quindi, che a differenza della nota sinfonia beethoveniana non dovrà svelarsi incompiuta e agevolare la riproposizione del copione più gradito all’universomondo juventino: quello che narra di un campionato noioso e immancabilmente falsato…
Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )