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SJ Rewind, il 2015 bianconero: la notte di Berlino, capolinea dei sogni e dei campioni

Un anno nel segno della vittoria, come nel classico stile Juve. Questo è stato il 2015 bianconero: il quarto Scudetto di fila, la decima Coppa Italia, una Supercoppa e una finale di Champions League raggiunta dopo anni di assenza, ma anche una rivoluzione, un inizio di campionato difficile e la rinascita, ancora in atto. SpazioJ ripercorre i dodici mesi della Signora: dopo la gioia del Bernabeu, a Scudetto già conquistato, Berlino è il chiodo fisso di ogni tifoso juventino.

“PENSO SOLO A TE…” – Le ultime due di campionato – contro Napoli e Verona – sono poco più che amichevoli. Come giusto e ovvio che sia, il pensiero è già alla finalissima contro il Barcellona, che sulla carta rimane imbattibile, ma la stagione vissuta non preclude sogni, e neanche miracoli. Che sarebbe necessario per battere una squadra di marziani: Messi, Neymar, Suarez… solo a leggere i nomi degli attaccanti vengono i brividi.

Il tempo che passa tra il trenta maggio, data dell’ultima di campionato, e il sei giugno sembra infinito. E si pensa e si spera e si passano notti insonni: ogni tifoso, ma anche ogni calciatore, avrà vissuto la notte di Berlino almeno mille volte. È la partita delle partite, quella che s’aspettava da ormai troppo tempo.

L’attesa è tanta e i tifosi contano le ore, i minuti e i secondi che li separano dal calcio d’inizio. Quella Coppa dalle grandi orecchie è diventata, poco a poco, una vera e propria ossessione: la merita Buffon, che non l’ha mai vinta, ma la merita tutta la squadra, da Pirlo all’ultima delle riserve.

L’AVVICINAMENTO – In quelle settimane, parlano tutti i grandi del calcio italiano: “Questa Juve può fare l’impresa”, è il messaggio comune. Ma, a Barcellona, sono sicuri che la coppa sarà loro. E chi può dargli torto? Sono la squadra più forte del mondo, anche se i bianconeri non sono mai un avversario semplice.

La notte del cinque giugno è fatta di speciali in televisione, sui siti web e sui giornali. Si vuole assaporare fino all’ultimo secondo quell’emozione, che in ogni caso sarà irripetibile. Quando arriva il fatidico giorno, la mente non può che pensare solo ed esclusivamente a Juve-Barça: non esiste altro.

È SUBITO BUIO… – Le venti e quarantacinque sono una liberazione. La cerimonia non fa altro che caricare ancora di più l’ambiente, mentre le mani della coreografie bianconera s’allungano verso il sogno, la Champions: #finoallafine, è il motto. La prima palla è della Juve, ma al primo affondo blaugrana è subito gol: Neymar serve Iniesta, che approfitta di una difesa juventina non perfetta; lo spagnolo appoggia a Rakitic, che non sbaglia. L’inizio è da incubo.

GIOIE E RIMPIANTI – Ma Buffon e compagni, spinti dai propri tifosi, organizzano una reazione. Anche se non è facile e il Barça continua a essere pericoloso. Il tentativo da fuori di Marchisio, sul finire del primo tempo, è un segnale: la Signora è viva. E, nella ripresa, arriva l’illusione: prima, però, Buffon è decisivo su Suarez, che avrebbe la chance di fare due a zero.

Al decimo del secondo tempo, Marchisio illumina: tacco per Lichtsteiner, che serve Tevez. L’Apache tenta la conclusione, ma c’è Ter Stegen: non basta, Morata ribatte a rete. È delirio nel settore riservato agli juventini, ma Allegri non si scompone, perché è ancora lunga. E si mangia le mani, quando Tevez e Pogba sprecano il possibile vantaggio.

FINE DEL SOGNO – Non c’è tempo e neanche voglia di protestare, quando Dani Alves stende Pogba in area. Sugli sviluppi della stessa azione, Messi riparte e scocca un fendente che solo un super Buffon riesce a parare. Ma è inutile, perché sulla ribattuta è pronto Suarez, che spegne i sogni bianconeri. E Neymar, dopo essersi visto giustamente annullare un gol per fallo di mano, chiude la partita. Tre a uno, in contropiede, mentre la Juve prova gli ultimi disperati assalti. Il sogno finisce sul più bello. La delusione è grande, Pirlo piange e Pogba lo consola: è l’immagine simbolo di quella notte tedesca. Che non regala una gioia, come quella del 2006. E, anzi, segna il capolinea dell’avventura con Madama di diversi uomini-chiave. Ma questo lo scopriremo qualche settimana dopo.

ARIA DI CAMBIAMENTO – I giorni successivi al sei giugno sono tutto un chiacchierare: “È giusto rinnovare? Tevez e Pirlo rimarranno? E Pogba?”, sono queste le domande che rimbalzano sui quotidiani e nei bar. Il Maestro sembra destinato agli Usa, mentre il destino dell’Apache è incerto: “Se vorrà andare, lo asseconderemo”, dice Marotta dopo Juve-Barça.

NUOVI PUNTI FERMI – Nel mentre, però, s’iniziano a buttare le basi per il futuro: il quattro giugno, era stato già ufficializzato Dybala, mentre Rugani era bianconero da un po’. Insieme a Pogba e Morata dovranno essere i punti fermi da cui ripartire. Quando arriva Khedira, poi, la società fa chiara la sua linea: ricostruire, con un mix di giovani e campioni affermati e d’esperienza.

“ADDIO, CAMPIONI!” – Intanto, Tevez è sempre più lotano dalla Juve. Psg e Atlético Madrid sono due delle destinazioni possibili, ma alla fine il cuore ha la meglio: è Boca. L’ufficialità arriverà solo il 13 luglio, qualche giorno dopo l’addio di Pirlo, che si accasa a New York. In un sol colpo, la Juve perde due colonne.

RIVOLUZIONE BIANCONERA – Ma c’è subito voglia di ripartire: arriva Mandzukic, “il giocatore individuato per sostituire Tevez”, stando alle parole di Marotta. È l’inizio di una estate di rivoluzione in casa Juve: vanno via anche Vidal, complice il caso dell’incidente in Cile, e Llorente, ceduto al Siviglia. Arrivano anche tanti volti nuovi, come Alex Sandro, Juan Cuadrado, Simone Zaza, Mario Lemina e Hernanes, ultimo colpo del calciomercato bianconero. Non arriva, invece, Julian Draxler, che sembrava poter essere il trequartista tanto richiesto da Allegri, ma che si accasa alla fine al Wolfsburg.

Felice Lanzaro (@FeliceLanzaro)

This post was last modified on 30 Dicembre 2015 - 15:58

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