Il numero uno dei numeri uno. Il carisma, la voglia, l’abnegazione. Ed un talento fuori dall’ordinario. Eccolo, Gigi Buffon. In pochissime parole che raccontano un mito immenso. Ne ha pesate e sviluppate tante di più, Principio Paolino: oggi l’uomo ed il campione diventano un libro pronto a raccontare tante sfaccettature di un singolo fuoriclasse. In esclusiva per SpazioJ, il noto giornalista bianconero ci accompagna attraverso vita e miracoli: da quel ragazzino scapestrato cresciuto a Parma al professionista campione di tutto. Un viaggio che sembra ancora lontano dalla sua fine.
Principio, innanzitutto la domanda (che sembra) più banale di tutte: perché proprio Gigi Buffon?
In tutta onestà l’idea di pubblicare un libro sul nostro Capitano è venuta alla casa editrice, che proprio per questo motivo mi ha contattato. D’altronde la rinomata Kenness rivolge sempre un’attenzione particolare alle vicende bianconere, basta andare a sbirciare anche tra le altre pubblicazioni, tutte di altissimo livello. Naturalmente non ci ho pensato molto, ho subito trovato il progetto molto interessante e ho acceso il computer. Del resto, se mi fosse stato chiesto di scegliere un personaggio di cui parlare, anch’io avrei optato per Buffon. Ricordiamoci che il Numero Uno, per amore dei tifosi bianconeri, ha fatto una rinuncia decisamente importante: accettando la relegazione in B, ha di fatto consegnato il Pallone d’Oro a Cannavaro, ha reso più agevole il compito dei votanti. Sappiamo benissimo l’importanza anche mediatica che ha assunto nel tempo il più ambito dei premi individuali: ve l’immaginate, con tutto il rispetto, una premiazione del genere che avviene in un campo di provincia per di più in piena cadetteria? Con tutto il rispetto, davvero, non è una frase di circostanza, c’è da credermi: d’altronde la mia squadra del cuore, la Juventus, e il mio campione, Gianluigi Buffon, la serie inferiore l’hanno affrontata con grande senso di responsabilità e non è stata una passeggiata di salute, il tutto mentre noi tifosi l’abbiamo vissuta con orgoglio e dignità. Il problema, più che nostro, è stato di altri, di tutti gli interessi che gravitano intorno all’industria calcio, di coloro che hanno temuto di veder scalfito il prestigio del trofeo. Il nostro Gigi, dunque, oltre a essere uno straordinario campione, non ha tradito ma, anzi, ha difeso e protetto la Juve dalle avversità e dalle intemperie. Più in generale, non mi sono basato soltanto sull’atleta, ma bensì sull’uomo perfino superiore all’atleta, considerazione che dovrebbe rendere l’idea sulla caratura del personaggio.
“Io credo che bandiera o non bandiera bisogna vedere come ci si comporta, perché se uno sta tanti anni in un posto e non dà l’esempio con i comportamenti, magari per altri può essere una bandiera e invece non è così. Ecco: certe volte Buffon dà la sensazione che alcuni modi di fare siano scontati. E invece, specialmente nel calcio, i vecchi valori sono ormai in disuso. Anche per questo c’è bisogno ancora di Gigi…
Certo, c’è bisogno di lui perché è un esempio positivo, a ogni livello. Tutti noi, specialmente i più ambiziosi, cresciamo proiettando idee e speranze in entità di successo oppure in fedi e convinzioni più o meno laiche. Ci ispiriamo a personaggi che eccellono nel loro mestiere, che poi magari vogliamo far diventare il nostro, inseguiamo miti e leggende con l’intento di emularli o quantomeno avvicinarli, ne subiamo più semplicemente il fascino senza darci un’ulteriore spiegazione. Gigi Buffon ispira e ispirerà diversi aspiranti numeri uno, rappresenta del resto un punto di arrivo, è l’incarnazione e l’emblema della perfezione. Per di più ogni sua azione denota coraggio, genuinità e integrità morale. Si tratta di un personaggio per cui parlano i fatti, in tutti i sensi, professionale e umano. Di un modello di riferimento per i compagni, oltre che per la stragrande maggioranza dei portieri, giovani o esperti che siano. Di un professionista unico, quasi fuori dal tempo. Nel primo capitolo del tuo libro parli essenzialmente di carisma. E’ stata questa dote la vera forza del numero uno bianconero? A livello umano credo di sì, è la prima cosa che ti colpisce. Poi, ovviamente, Madre Natura ha fatto il resto. Stiamo parlando del resto di un portiere dal temperamento notevole. Di uno che abbina eccellenti doti tecniche, fisiche e atletiche a uno spiccato senso della posizione. Il tutto gli consente di districarsi con estrema efficacia sia negli interventi in tuffo che nelle uscite alte e basse. E poi, nonostante la statura elevata, ciò che ti sorprende di lui è il fatto di essere dotato di ottimi riflessi così come di un’agilità fuori dal comune. Ciò che lo distingue da un portiere normale è poi la costanza di rendimento nonché la concentrazione sempre altissima. Infine, possiede una caratteristica che oggigiorno è imprescindibile: il controllo di palla anche con i piedi, che Gigi spesso e volentieri sfrutta sia per avviare l’azione che per aggirare il pressing dell’avversario.
La rivoluzione “buffoniana” sta anche nel rapporto diretto che ha con la stampa. Vada come vada, lui ci mette la faccia. Quanto ha influito sulla percezione che i tifosi hanno avuto di lui durante la sua carriera?
Moltissimo, perché lui si assume sempre le responsabilità. Quando ha cominciato a diventare un personaggio pubblico, lo ha fatto subito imponendosi in maniera prepotente e dirompente, cosa che è avvenuta non di certo per una sua chiara volontà o peggio ancora per una capziosa premeditazione atta a celare un secondo fine, quanto piuttosto per la sua straripante personalità. La sovraesposizione mediatica è diventata pressoché automatica, in quel periodo sembrava che si volesse parlare solo di lui. E, come spesso accade in questi casi, per qualcuno ogni occasione è buona per farsi pubblicità attraverso il personaggio del momento, sfruttando una sorta di riflesso condizionato. La reale forza sta proprio nel riuscire a convivere con questo tipo di impatto, che talvolta può essere devastante. Ne puoi uscire a pezzi oppure ancora più forte. E naturalmente Gigi questo esame lo ha superato senza comprarsi nulla. Con il lavoro, con il sudore. Fino ad arrivare a conquistare e a meritare l’assoluto rispetto non solo dei propri tifosi, ma pure quello più difficile da domare e ammorbidire, vale a dire quello dei media. Che oggi si occupano delle sue vicende extrasportive al massimo per qualche gossippata: nel libro mi sono tenuto fuori dall’argomento, perché sono fatti suoi, perché lui fuori dal campo può fare quello che vuole, come del resto tutti noi. Solo una cosa mi sento di poter dire, dal momento che siamo tutti attratti dal fascino muliebre: beato lui…
Se a 38 anni sei decisivo a questi livelli, qualcosa vorrà dire. E quel qualcosa è presto scovato: è lui il migliore di tutti i tempi?
Non ho visto all’opera Yashin, a cui molti assegnano lo scettro. Ma, tra quelli che ho potuto ammirare, direi di sì. Il dibattito comunque è aperto. All’indomani della vittoria bianconera per 2-1 in casa del City, caratterizzata dalle miracolose parate di Buffon, ho avuto modo di leggere un interessante articolo della Gazzetta, di cui propongo un estratto. “Allegri ha detto: se non il numero uno nella storia, è uno dei primi tre. Approvato senza pensarci un secondo. Albertosi nel 2012 diceva: Buffon è il top, Neuer non gli lega neanche le scarpe… Esagerato. Chi dice che Neuer è superiore ha le sue ragioni, ma se parliamo di epoca moderna – non di attualità – non si comincia neanche a discutere: Buffon numero uno dei contemporanei, con rispettosi saluti a Casillas, Kahn e tutti gli altri. Buffon a 37 anni, 7 mesi e 21 giorni para come un ventenne. Anzi, meglio. E’ un predestinato ma questo si sa. E’ nato per fare questa cosa, dice Villiam Vecchi, il preparatore dei portieri di Ancelotti, che lanciò Gigi titolare a Parma. Quelle stagioni furono uno spoiler, un’anticipazione del finale del film: si capiva che Buffon sarebbe diventato il più forte. Sepp Maier e Zamora alla sua età si erano ritirati, mentre Banks già allenava. Buffon no. Buffon guarda tutti alla pari, resta indiscutibile in Nazionale, chiede al destino un’altra finale di Champions, vuole un altro Mondiale, para quasi 600 palloni a decennio e va per le mille partite in carriera”.
Dulcis in fundo: il giorno in cui sarà inevitabile appendere i guanti al chiodo, quale pensi potrà essere il suo futuro?
Non troppo tempo fa Andrea Agnelli ha dichiarato: “Il calcio italiano ha bisogno di recuperare, compresa la Juventus che passa da ottimi risultati sportivi e di fatturato; del resto eravamo il campionato dei fuoriclasse mentre oggi siamo considerati un transito. Questo perché, ad esempio, non possiamo confrontarci con chi ha strutture di ben altra capacità. E poi, a livello internazionale, abbiamo nell’Eca (European Club Association) e nell’Uefa rispettivamente Karl-Heinz Rummenigge e Michel Platini, di fronte a personaggi di questa caratura la gente schizza subito in piedi perché ne riconosce immediatamente l’autorevolezza. Faccio fatica a pensare che il medesimo trattamento possa essere riconosciuto a Tavecchio. Ecco perché non serve un traghettatore ma piuttosto un riformista che sia capace di portarci in un’altra dimensione”. Servono dunque personaggi forti, capaci, carismatici, autorevoli, non i soliti “poltronissimi”. E l’identikit, guarda caso, corrisponde perfettamente a Gianluigi Buffon… Anche se al momento il portierone è ancora assolutamente indispensabile sia per la Juventus che per la Nazionale italiana anzi, sostituirlo sarà praticamente impossibile, per questo è meglio rinviare ancora per un bel po’ l’inquietante pensiero.
Esclusiva a cura di Cristiano Corbo e Corrado Parlati