Dopo esser tornato dalla Nazionale con un leggero fastidio al flessore della coscia destra, Buffon parla con ottimismo in vista della sfida di sabato contro il Milan. “Sto abbastanza bene. Ho accusato un piccolo dolorino che sembrava mi dovesse tenere fermo quattro o cinque giorni e invece, dopo gli accertamenti del caso, a quanto pare, non sarà così, quindi c’è molta fiducia”. Le dichiarazioni trasmesse da Premium Sport nel pomeriggio e in uno speciale in onda su Sky Sport1 questa sera e nel pre partita di sabato.
CONSAPEVOLEZZA – “Questa, come qualsiasi partita da qui a Natale influenzerà il nostro cammino. Dobbiamo esserne consapevoli: abbiamo la possibilità di essere padroni del nostro destino. Questa è una gran fortuna e allo stesso tempo una grande responsabilità”.
L’ESORDIO – “Ricordo bene le ore che la precedettero. E ricordo perfettamente che il desiderio e il godimento di giocare una sfida così importante erano molto più grandi dell’ansia e della tensione. A Parma tutti mi consideravano il figlioccio un po’ matto, visto che io avevo solo diciassette anni e c’era gente di trenta, trentacinque anni. Stavamo andando allo stadio e vedevo che un po’ tutti erano sorpresi e forse anche preoccupati per il fatto che avrei giocato io. Così, per trasmettere serenità e fiducia, mi rivolsi a Melli dicendo: “Ciccio, guarda, spero proprio che al Milan diano un rigore, così lo paro”. Lui sorrise e mi chiese: “Ma da dove salti fuori tu?”. In fondo i compagni erano abituati a certe mie uscite e con affermazioni bizzarre del genere stemperavo la tensione. Tutti mi fecero sentire il loro appoggio”.
NEVIO SCALA – “Scala maturò la decisione di farmi giocare perché feci davvero una settimana di allenamenti strepitosa. Chiaro che la mia tenuta psicologica sarebbe stata determinante e questo aspetto poteva rappresentare l’unica remora per lui. Così venne da me e con un sorriso un po’ sarcastico mi chiese: “ ma se domani ti facessi giocare, te la sentiresti?”. Era curioso di vedere la mia reazione e io risposi: “Certo mister, se no cosa ci sto a fare qui?”. Insomma, replicai con una battuta e questo lo rassicurò molto”.
DOLCE RICORDO – “Era un lasciapassare, un biglietto da visita troppo importante. Se avessi fallito sarei comunque diventato un portiere importante, avrei comunque avuto una carriera straordinaria, ma tutto sarebbe stato posticipato di tre, quattro anni”.
BERLINO – “È stata una gioia immensa, ma le tensioni che vivi in un evento simile, l’ansia che ti assale prima di certe gare è talmente grande che non ti permette di apprezzare appieno il momento. È il traguardo più importante che si possa raggiungere e dà le emozioni più forti che si possano provare, ma come contraltare regala anche le più brutte”.
Oscar Toson