12 punti in 10 gare: è questa la sentenza scritta da una classifica che fa venire i brividi solo a guardarla. Siamo al 28 ottobre, tra campionato e coppe le gare sono 13, ma la Juve sembra ancora stentare a trovare una definitiva identità di gioco, e i nuovi acquisti sembrano ancora lontani dall’intesa migliore. Troppa poca fantasia nell’inventare gioco, solo Dybala e Cuadrado cercano la giocata vincente, troppi passaggi sui piedi: così non va. O meglio: non può andare.
Contro una squadra che fa del gioco sugli esterni il proprio punto di forza come il Sassuolo, Allegri decide di puntare ancora una volta sull’ormai consolidato modulo ibrido: difesa a quattro in fase difensiva, per contenere al meglio le sortite offensive di Berardi e Sansone, 3-5-2 – o 3-3-4 se preferite – in fase offensiva, con Alex Sandro pronto a sgroppare sull’out di sinistra per restituire a Pogba il ruolo di mezzala. I neroverdi, però, scendono in campo compatti, senza lasciare spazi agli avversari, basti notare che Cannavaro si alza a pressare fino alla trequarti avversaria, Manganelli si abbassa a prendere palla per impostare l’azione di ripartenza e, soprattutto, Berardi e Sansone macinano chilometri sulle rispettive corsie per dare un contributo valido in entrambe le fasi di gioco. La gara, quindi, è subito difficilissima per i bianconeri, che avrebbero bisogno di un gran supporto dal centrocampo, che non sempre però offre soluzioni degne di nota, vista la prestazione non brillante del trio Pogba–Lemina–Sturaro, Mandzukic sembra ancora non perfettamente integrato nella squadra, Dybala e Cuadrado non riescono ad offrire la stessa imprevedibilità che lo stesso argentino e Pereyra hanno garantito contro l’Atalanta, giostrando liberamente tra la zona centrale e le corsie esterne per mandare in tilt ogni meccanismo difensivo degli avversari. Chiariamo: il colombiano, quando parte, è devastante, ma troppo spesso pecca in precisione nell’ultimo passaggio. Dopo 18 minuti, è il Sassuolo a passare in vantaggio grazie ad un gol stupendo di Sansone su punizione, che disegna una traiettoria che s’insacca ad un soffio dal palo. Da lì in poi, la squadra di Allegri, confermando il trend di questa stagione in trasferta, cresce a vista d’occhio, ma al 39’ Chiellini viene espulso. Un vero peccato, perché si tratta di un calciatore esperto – vicecampione d’Europa con la Juventus e con la nazionale – che abbandona il campo anzitempo per somma di ammonizioni, di cui almeno una, quella per proteste dopo soli quattro minuti di gioco, era del tutto evitabile. Max è quindi costretto a mischiare le pedine in campo, ma senza abbandonare la difesa a quattro: Sturaro va a fare il terzino destro, Cuadrado la mezzala e Barzagli si affianca a Bonucci al centro della difesa.
La reazione nella seconda frazione di gara è rabbiosa, Alex Sandro prova a suonare la sveglia dopo tre minuti con una buona azione sulla fascia, Cuadrado e Dybala provano a inventare qualcosa, ma i risultati sono nulli. Allegri prova a cambiare le carte in tavola inserendo Morata per Mandzukic, molto più mobile ed imprevedibile del croato, al trentesimo è il turno di Zaza per Dybala e, nel finale di gara, c’è spazio anche per Hernanes. Peccato che la situazione non cambi: la reazione è di nervi, d’istinto, ma la precisione sembra essere stata lasciata all’ombra della Mole, e la Juventus se ne torna a casa a mani vuote, con 12 punti in 10 gare.
Le statistiche, in questo caso, possono aiutare ad avere un quadro più chiaro della situazione: 60% di possesso palla, 514 palloni toccati ma 101 passaggi sbagliati (fonte Whoscored), su 14 tiri solo 3 sono finiti nello specchio della porta. Siamo ormai giunti a novembre, ma la strada da fare è ancora lunga. Peccato che ad essere sempre di meno sia il tempo per percorrerla.
Corrado Parlati (@Corrado_Parlati)