“Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani, credendo di aver raggiunto la vittoria. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”. Non è solo un proverbio. Almeno nel calcio non lo è, è pura realtà. Questo modo di dire è riassunto in una partita, una sola, quell’Inter-Juventus del 22 marzo 2008.
COME ERAVAMO – I bianconeri sono di ritorno in Serie A dopo le pene dell’inferno in “Cadetteria”, passate grazie ad una società meneghina che doveva in qualche modo giustificare, o tentare di farlo, anni e anni di insuccessi. L’Inter, che poi, facile da riconoscere, è la squadra in questione, era riuscita l’anno precedente a vincere il suo primo scudetto dall’epoca Trapattoni, in un campionato privo delle Big storiche (Juve in B e Milan penalizzato). Due situazioni completamente opposte: bianconeri in fase di costruzione, con dirigenti approssimativi, e Inter che mastica vittorie sulle rovine torinesi e con alcuni punti cardine della Juve che fu. E’ il giorno dopo l’inizio della primavera. Si va a San Siro contro i campioni d’Italia; ebbene sì, la neopromossa Juventus va a giocare in casa degli scudettati.
IL MATCH, CUORE E GRINTA – E’ la partita in cui bisogna uscire gli attributi, far vedere al mondo che la distruzione quasi totale di una rosa fortissima e una lenta risalita non possono fermare lo spirito agonistico di una squadra che deve difendere l’onore. Al 49′ Molinaro (sì, perché Molinaro difendeva le sortite offensive di Maicon) innesca Camoranesi che controlla e batte Julio Cesar. L’italo-argentino è in off-side, ma durante e dopo l’evento i nerazzurri non hanno il coraggio di protestare, seppur la voglia di rimetter in piedi un sistema di intercettazioni e spionaggi è forte. Ma gli uomini sono cambiati, i dirigenti “malfamati” non ci sono più: allora ci si rende conto che gli errori possono capitare e non è sempre colpa del Diavolo. Al 63′ arriva il raddoppio. Del Piero e Trezeguet spiegano a tutto il Meazza che anche se privi di Ibra (adesso gioca con gli altri) il livello dell’attacco bianconero non è secondo a quello di nessun altro: dialogo meraviglioso e sinistro potente del francese; 0-2 Juve. I bianconeri avrebbero la possibilità di fare anche il terzo. Del Piero e Trezeguet scherzano con Materazzi e Burdisso mostrando un divario tecnico tra i reparti a confronto a dir poco imbarazzante. I nostri, con Ranieri in panchina, non finalizzano e l’Inter si rifà sotto. All’83’ Maniche accorcia le distanze. Un po’ di paura quando lo stesso portoghese in pieno recupero colpisce il palo. Ma finisce così: la “neopromossa Juve” batte i campioni d’Italia in casa loro.
UN NUOVO RUGGITO BIANCONERO – Sono trascorsi sette anni e mezzo da quella partita, ma difficilmente i tifosi della Juventus dimenticano. Andavamo a fare visita a chi ha tentato di distruggerci e li abbiamo battuti. Domenica, torneremo lì, dove abbiamo raccolto parecchie soddisfazioni, ultima la vittoria di maggio dello scorso campionato. Non chiediamo bel gioco, giocate di alta classe; chiediamo soltanto che gli 11 in campo mettano lo stesso cuore e e la stessa grinta di quei giocatori che il 22 marzo 2008 fecero capire all’Italia calcistica, qualora ce ne fosse bisogno, che tra Juve e Inter, anche con un importante divario in classifica pro-milanesi, storicamente funziona così: “Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani, credendo di aver raggiunto la vittoria. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani”. Quando c’è l’onore in palio, vincono sempre gli stessi.
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