Al quarto tentativo la Juventus è finalmente riuscita ad espugnare il proprio stadio e, sovvertendo le abitudini di un passato nemmeno troppo lontano, proprio nel genere di serata in cui, per una strana nemesi del destino, normalmente smarriva l’ indole mannara che sfoggiava ( sigh… ) in campionato.
Lo ha fatto con una prestazione bella e per larghi tratti perfino convincente, al cospetto di un’ antagonista nella quale, specchiandosi, avrebbe potuto riconoscere gran parte delle proprie ambasce stagionali.
Anche se in astratto la partita non è stata tra quelle da annoverare come memorabili, alla luce del delicato momento psicologico e della stritolante pressione esercitata dal disastroso cammino nel torneo peninsulare, è comunque corretto considerarla molto soddisfacente; per certi versi pure migliore di quella disputata a Manchester, non solo e non tanto per la minor caratura dell’ avversario, ma per le modalità, ivi compresa la maturità, con la quale è stata gestita.
Attenta, decisamente più lucida, solida e compatta rispetto alla sconclusionata versione di se stessa esibita a Napoli, Madama si è giovata per la prima volta in un’ occasione ufficiale della compagnia di Sami Khedira, ed occorre dare atto ad Allegri di averne correttamente valutate le condizioni d’ impiego giacché, in tutte le considerazioni della vigilia, l’ utilizzo del tedesco era considerato un azzardo.
La preoccupazione era infatti volta alla possibilità di un’ eventuale ricaduta da frettoloso recupero, non certo al contributo tecnico, tattico e di personalità che il campione del mondo avrebbe apportato ad una squadra affamata di siffatte qualità. Ebbene, le perplessità si sono dimostrate infondate. L’ ex madrinista si è disimpegnato con egregia disinvoltura in ogni fase del gioco ed è stato giusto rispettare la sua ancora imperfetta tenuta risparmiandogli la fatica degli ultimi venti minuti.
Dopo la vergognosa prova sul terreno partenopeo poteva essere altrettanto rischioso riproporre Hernanes. Il brasiliano però ha accolto l’ attestato di fiducia come la chance imperdibile sulla quale costruire il senso della sua presenza in bianconero ed il tenore della sua risposta alla chiamata ha confermato l’ esattezza della scelta con cui l’ allenatore ha voluto risolvere l’ unica incognita che ancora gravava sullo schieramento da opporre ai sevillanos.
La determinazione ed il temperamento richiesti da una gara già decisiva per il prosieguo dell’ avventura in Champions League si sono tradotti in’ interpretazione dei moduli applicati in corso d’ opera decisamente più armonica e fluida, tant’ è che nonostante il persistente imbarazzo palesato alle soglie dell’ area nervionenses, anche la costruzione della manovra offensiva si è sviluppata con discreta continuità. Il tutto senza che Buffon, a giochi consumati, dovesse poi spedire i guanti in lavanderia.
Bei segnali, perfino incoraggianti se i bianconeri sapranno trarne spunto per una crescita complessiva da non eludere indulgendo in fescennini tanto ingiustificati quanto inopportuni. All’ uopo, s’ impone ora la necessità di allogare le certezze continentali anche al contesto domestico e, per il buon fine di tale operazione, perseveranza e conferma degli uomini e assetti che con la melodia di Britten si svelano vincenti sono ingredienti indispensabili.
La serata di gala ha altresì stabilito a chi riconsegnare il soprannome di “bello di notte”, coniato dal grande Gianni Agnelli per Z. Boniek; l’ investitura è senz’ altro dovuta ad A. Morata. Ruolo diverso, ma stessa tremenda efficacia; quella che per intenderci ostentava un altro grandissimo, D. Trezeguet, al quale lo spagnolo può essere apparentato per il modo secco e pulito con il quale colpisce il pallone di testa. Una frustata, il morso di un cobra che appare all’ improvviso e non lascia scampo.
Pur non esaltando, anche Pogba, sicuramente rinfrancato dalla vicinanza di S. Khedira ( impressionante la somiglianza a V. Staffelli ) è parso più concreto e partecipativo. Ha giocato in maniera semplice e lineare come si deve fare quando la Musa non ispira alzate d’ ingegno. È ragionevole ipotizzare che con il rientro di Marchisio ed in un centrocampo meglio assortito possa ritrovare la smarrita serenità e rispolverare i numeri per i quali si è fatto amare sin dalle prime apparizioni.
I detentori dell’ Europa League, invece ed in verità, hanno deluso parecchio. Vero che si sono trovati di fronte la miglior Juve di stagione, ma a differenza della consorella sabauda non sono riusciti a scrollarsi di dosso l’ appannamento che manifestano nella Temporada.
La loro opposizione è stata sostanzialmente nulla. Tanto durante la prima frazione, quella più frizzante degli zebrati, quanto nella ripresa, ove mai hanno destato la sensazione di poter pareggiare i conti, prestando anzi ingenuamente il fianco a letali ripartenze. Affatto casualmente la rete che ha sigillato definitivamente il punteggio è maturata proprio a seguito di una verticalizzazione che ha lanciato Zaza nella sguarnita prateria andalusa.
A margine ed in chiusura, nota di biasimo per il sacripante di Policoro: il modo in cui ha ritenuto di “posare” dopo il suo primo goal nell’ Europa che conta è poco commendevole e dimostra che il ragazzo non ha ancora capito in quale alveo il destino lo ha catapultato.
È auspicabile che stavolta gli effetti di coppa siano diversi da quelli scaturiti dopo l’ escursione in terra albionica e non si disperdano nuovamente durante il disbrigo delle faccende di casa.
Per scoprire se il rullaggio della Emery band ha impresso una decisiva inversione di tendenza non occorre demandare ai posteri il giudizio; è questione di giorni e ce lo dirà il Bologna.
Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )