Sarà divertente, nei prossimi giorni, assistere ad improperi ed accuse di vario tipo che pioveranno sul capo di Max Allegri. L’allenatore è il parafulmine designato di ogni risultato negativo, ma alla cieca furia di un tifoso deluso o alla maldestramente mascherata velleità di voler essere “contro” a prescindere, va sostituita la fredda analisi di una partita, che non può e non deve essere condizionata da un portiere che ha avuto paura di impadronirsi della propria area di rigore al 92′.
POCA CONCRETEZZA. Sin troppo ovvio dire che la Juventus ha avuto il torto di non chiudere una partita della quale era ampiamente padrona. Tecnico e società lo stanno dicendo dal primo giorno di ritiro: questa squadra è ricca di talento ma giovane e inesperta, e tutto ciò si sta traducendo in punti dispersi in quest’avvio di campionato. Ma se i giocatori più esperti sono fuori, se il miglior attaccante è ko (Morata), l’incidente di percorso è dietro l’angolo. Troppe volte i bianconeri si sono specchiati nel loro talento, troppe volte si è tentata la conclusione personale anziché servire un compagno meglio piazzato: ma quando gente come Dybala, Cuadrado, Zaza, Pogba, Lemina, si mettono a fraseggiare, è un piacere per gli occhi. Arriverà il momento in cui sapranno anche essere concreti e letali.
LA SOLUZIONE NELLA RIPRESA. Nel primo tempo la Juventus ha schierato l’ormai classico tridente con Pereyra largo a sinistra: per almeno 25′ si è visto un giro palla sufficientemente veloce, e il gioco che fluiva soprattutto sulla destra, dove Cuadrado riusciva sempre a spezzare anche il raddoppio di Soddimo con Crivello. Ma confusione, sfortuna e smania di mettersi in mostra si sono troppe volte aggiunte alla bravura del Frosinone nel chiudere gli spazi, soprattutto sugli esterni. Nella ripresa Allegri mischia le carte: 3-4-1-2 in fase di possesso, “liberato” Alex Sandro, i bianconeri attaccano su entrambi i fronti mettendo alle corde il Frosinone. Stellone piazza Soddimo sulla trequarti e Gori davanti alla difesa a contrastare Dybala, ma a centrocampo non c’è storia perché Lemina gioca una gran partita e tiene sempre alto il ritmo.
TALENTO E CONFUSIONE. Aumenta la pressione, ma aumenta la confusione e in alcuni casi i giocatori si pestano letteralmente i piedi (vedi Zaza e Alex Sandro). L’uscita di Zaza e la mancanza di giocatori d’area come Mandzukic e Morata non dà punti di riferimento alla squadra, che gioca bene ma a volte non riesce a trovare la valvola di sfogo giusta per arrivare in porta. Poi è arrivato quel colpo di testa che sovvertirà i giudizi della maggior parte degli “osservatori”: il cantiere è ancora aperto, ma di argilla fine ce n’è tantissima.
Gennaro Acunzo
This post was last modified on 24 Settembre 2015 - 11:58