Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Abbiamo sbagliato tutto. Come consuetudine, ogni benedetto anno le avversarie più temibili della Juve (leggi Roma e Inter) si autoproclamano “Campioni d’agosto”; adesso possono gridarlo a gran voce: sono “Campioni di settembre”. Salvo clamorose sorprese, è probabile che un ritorno alla grande della Juve e un calo di giallorossi e nerazzurri non sarebbero sufficienti per un sorpasso bianconero sui rivali entro la fine del mese. Facciamo “mea culpa” ed ammettiamolo: nessuno si aspettava che avrebbero vinto anche questo titolo.
GIUSTIFICATO ENTUSIASMO – Scherzi a parte, più che un’esaltazione, esagerata o meno, delle pretendenti al tricolore, è stato recitato anticipatamente un inspiegabile e commovente addio alla squadra che negli ultimi 4 anni non ha lasciato neanche le briciole in Italia. Che Roma e Inter (su tutte) possano ritenersi soddisfatte del loro inizio di campionato è giustificabile: i capitolini sono riusciti a battere i campioni d’Italia in carica, iniettandosi una buona dose di autostima che sicuramente servirà in futuro; i nerazzurri, seppur nei minuti finali, hanno portato a casa 6 punti, che soltanto pochi mesi fa, in situazioni similari, sarebbero stati molti meno. Discorso a parte sul funerale celebrato alla Juventus dopo soli 180 minuti.
TEMPO AL TEMPO – Lo zoccolo duro dei quattro scudetti è rimasto a Vinovo, ma non possono passare inosservate le partenze di tre giocatori fondamentali: Pirlo, il metronomo che costruiva gioco e dirigeva l’orchestra; Vidal, il leader caratteriale mai domo e sempre ultimo a mollare; Tevez, il goleador principe di queste ultime due stagioni. Prima però di pronosticare una Juventus decima in classifica a fine anno, o salva dalla retrocessione in extremis, sarebbe opportuno attendere che le pedine si sistemino adeguatamente nello scacchiere di Allegri.
ORA SIAMO TUTTI – Gli errori difensivi ci sono stati, ma la forza e la compattezza del reparto arretrato bianconero fanno pensare alla casualità degli eventi e al fatto che con pochissime mosse, più psicologiche che tattiche, dietro tutto possa ritornare come prima. A centrocampo è mancato Marchisio, l’erede designato di Pirlo. Per gli amanti dei numeri si ricorda che con l’8 torinese in campo, la Juve lo scorso anno ha vinto qualcosa come il 70% circa dei match. Khedira, campione del mondo in carica, è stato dato per spacciato già a luglio: è vero che il tedesco non ha mai brillato per solidità fisica, ma eliminarlo dai radar per tutto il resto della stagione 2015/16 dopo il primo malanno, è un po’ troppo. Hernanes e Cuadrado, seppur scelte di ripiego rispetto ai più corteggiati tedeschi di Bayern, Borussia e Schalke, rimangono due dei più forti centrocampisti che il campionato italiano ha ospitato negli ultimi 5 anni e assicurano qualità tecnica e, nel caso del colombiano, capacità nel saltare l’uomo. Tanta curiosità di vedere Alex Sandro all’opera, invece. Il terzino brasiliano ex Porto è un nuovo alfiere che aggiunge una spinta in avanti sulla sinistra che è mancata dall’infortunio di Asamaoah in poi.
ARRIVERANNO I GOL – E’ fisiologico il tempo necessario a Mandzukic e Dybala per trovare la giusta sincronia in avanti e capirsi al volo. Nel frattempo, l’argentino con due panchine e una sola partita dall’inizio, ha siglato due reti; il croato ha sbagliato qualche gol, ma ne ha anche fatto uno che è valso il primo trofeo stagionale in Cina. E poi c’è quel fenomeno che fino ad adesso è stato utilizzato solamente 20 minuti perché reduce da infortunio: Alvaro Morata, salvo complicazioni da attacco influenzale, dovrebbe rientrare col Chievo e, intuitivamente, qualcosa potrebbe cambiare.
Storicamente la Juventus non cerca alibi, è noto. Non cerchiamo di giustificare i passi falsi delle prime due giornate di campionato. Vogliamo soltanto intendere che, con tutti al loro posto, si cambierà musica. Sarà rock, rap, jazz? Sicuramente non le meste e liturgiche note del De profundis, già intonato dalla stampa italiana all’Olimpico di Roma.