In mezzo si fa fatica. Premessa doverosa quanto vera. Ma no: non torneremo sulle frasi fatte dell’estate bianconera. È che sono così inutili i discorsi sugli addii di Pirlo e Vidal, così abusati i soliti “si pecca di qualità”, “si fa fatica a costruire”. Certo: anche una bugia, se ripetuta all’infinito, poi finisce per esser vera. E Allegri lo sa: su di lui ne sono state dette d’ogni tipo, e pure troppe. Poi s’è visto, insomma…
SOTTOMISSIONE – Partiamo invece da un dato: è il 25′, i bianconeri sono all’Olimpico di Roma e i giallorossi sono partiti decisamente forte. La squadra di Garcia raggiunge un possesso palla pari al 77%: non era mai capitata una tale sottomissione alla Juve del nuovo ciclo. Non c’è pressione sul portatore di palla avversario, figuriamoci una parvenza di possesso proprio. La manovra – quando riesce a spegnere il fiato sul collo dei giallorossi – è lenta, macchinosa, prevedibile. Padoin fa quel che può, senza andare oltre al compitino. Pogba? Non aiuta. E poi c’è Sturaro. Sì, peccato che sia troppo intento a tagliar legna. Insomma: si fatica. Tanto, troppo. E non si costruisce, e si subisce, e va via anche la testa: perché, alla fine, chi sta sotto si trova anche senza ossigeno. Non che poi ci voglia molto a cedere.
CERCASI LUCE – Un’immagine che – a rivederla – stringe lo stomaco, alimenta preoccupazioni. Allora Allegri inserì Pereyra: voleva più incursioni dentro, più imprevedibilità. Magari portando il gioco una mattonella più avanti. O magari semplicemente rimpiangendo, come tutto il mondo bianconero, quegli addii troppo frettolosi e senza degne sostituzioni. Che sul piano del gioco forse riusciranno anche avere una sorta di alter ego: al contrario, non potranno mai essere imitati in termini di carisma e forza mentale. Bel guaio, no? Non necessariamente: è che la controtendenza ha i suoi lati positivi. Ora vi spieghiamo quali.
UOMO IN PIU’ – Se si potesse giudicare una squadra dalle prime due partite di campionato, a quest’ora Luca Campedelli avrebbe dato già dato mandato al suo direttore sportivo d’allestire un Chievo pronto per la prossima Champions League. Ecco: viva gli emblemi. Gli stessi che aiutano e confortano, specialmente ora che la pausa ha saputo regalare minuti e allenamenti ai nuovi innesti. Sì, Cuadrado sarà la stella. Ma Alex Sandro e Lemina non vorranno essere da meno. Figuriamoci poi Hernanes. Resta però il problema: qui tocca velocizzare il ritmo, aprire varchi avanti, creare serie occasioni da gol. E chi è seriamente in grado di caricarsi un mondo sulle spalle? Uno c’è: è chi ha sempre saputo seminare calma e raccogliere fiducia. È Claudio Marchisio. Il faro in mezzo ad una tempesta di dubbi.
AGGRAPPATI – Ecco: prendete lui come il nuovo grande acquisto. Perché si è responsabilizzato, Claudio. Ora è più attento, più accorto. E più leader. Lo si vede nel gesto pacato con cui chiede spiegazioni all’arbitro, nell’allontanare frettoloso il compagno che protesta tanto. Nel venire incontro e prendersi palla. Senza paura, con zero inibizione. Adesso forse più da guardia che da playmaker, più da muro che da fulcro. Ma è questo ciò che gli chiede e gli chiederà ancora, Max Allegri: tenere botta, stare pronto specialmente in copertura. Poi magari di arruffare un guizzo in mare aperto e di caricarsi la Juve sulle spalle quando la burrasca sembrerà averne di più. Proprio come un faro, lui che sta pure lì in mezzo: serve la luce, cara Juve. Claudio Marchisio è una lampadina inesauribile. Coi suoi cali, certo. Coi suoi modi di fare, d’accordo. Ma saprà rischiarare questo buio assurdo: proprio come nelle storie più belle.
Cristiano Corbo