La Juve 2.0 di M. Allegri, già tristemente noto come “guidopiano”, ha inanellato un altro record storico negativo, giacché mai, da quando esiste la SerieA, la Regnante bianconera si è trovata ferma al palo dopo la seconda apparizione pubblica.
La débâcle trasteverina, purtroppo, non presta il fianco a recriminazioni di sorta. I campioni uscenti sono stati surclassati da una Roma affatto trascendentale, però dotata di una precisa identità e, nell’ occasione, di gran lunga superiore sia agonisticamente che per cifra tecnica.
La prestazione di Madama è stata avvilente. L’ assenza di Marchisio, che tra l’ altro è un interno adattato a metronomo ed il cui rientro non costituirà la panacea di tutti i mali, non giustifica: un approccio alla gara scandalosamente rinunciatario e teso alla conservazione della parità; l’ andatura da passeggio sul bagnasciuga e l’ assoluta assenza di un qualsiasi canovaccio volto a trasformare la fase difensiva in una d’ offesa.
Se la circolazione della palla non prevede mai due passaggi consecutivi a buon fine, se il giocatore che ne detiene il temporaneo possesso non può giovarsi di compagni smarcati ai quali consegnarla, se varcata per grazia divina la linea di mezzeria nessuno sa cosa fare, se i tiri verso la porta ostile sono più rari di un’ eclissi solare, la motivazione non è riconducibile alla mancanza di un preciso riferimento al quale demandare fluidità ed armonia della manovra, ma alla precarietà di un impianto che affida la propria sopravvivenza alla mera e bieca improvvisazione.
A parte il duo d’ attacco, che fisiologicamente è nella condizione di dover affinare i sincronismi, tutti gli altri interpreti chiamati alla pugna facevano parte della squadra che la scorsa stagione, “surfando” sull’ onda lunga generata dal tecnico precedente e con il generoso aiuto di Eupalla, ha ottenuto risultati premianti oltre le attese e talvolta anche eccedenti i meriti maturati sul campo.
Per quanto spiaccia, perché spiace davvero e fa male ammetterlo, la Juve appare un complesso senza volto ne anima che vaga in un limbo indefinito ricordando a stento chi fosse, ed ignorando chi vuole diventare. E non devono illudere i pochi minuti finali nei quali, pur in inferiorità numerica ha sfiorato la clamorosa divisione della posta, anzi, proprio quelli autorizzano una domanda su tutte: perché il tentativo di giocare è avvenuto solo dopo la rottura delle uova nel paniere?
Forse per coerenza con la discutibile politica mercantile di una Società che, a poche ore dalla chiusura del suk estivo, è costretta ad elemosinare uno scarto del torneo nostrano per tamponare un’ emergenza a centrocampo non improvvisa e tanto meno sorprendente?
Quei brevi istanti confezionati in un sussulto di dignità, comunque, hanno dimostrato che l’ orco giallorosso era decisamente meno terribile del previsto, ma oltre al gioco, anche “Il coraggio chi non ce l’ ha non se lo può dare”…
Si annunciano giorni difficili. La Juve presa malamente a pallonate all’ Olimpico, certamente troppo brutta per essere vera ( si spera… ), deve saper fare quadrato; la dirigenza in primis ed a seguire l’ allenatore, che ovviamente spargerà serenità a piene mani, devono far capire ai nuovi arrivati cosa significa farne parte e chiedere ai superstiti del ciclo vincente una piena assunzione di responsabilità.
Questo, se esiste effettivamente la volontà di conseguire nuovi successi. Viceversa, il popolo zebrato ha diritto al rispetto peraltro dovuto a chiunque paghi per assistere, anche non dal vivo, a pantomime vergognose come quella andata in scena sulla riva del Tevere; prima con le dichiarazioni di Peppino Marotta e dopo con lo scempio sul praticello capitale.
Se deve essere un anno di basso profilo, lo dicano; se la salute del bilancio è più importante della competitività, lo affermino a chiare lettere. Peccato che il benessere dell’ uno non può prescindere dall’ esistenza dell’ altra e che i libri contabili, per quanto splendidi, non possano sgambettare nel perimetro di gioco.
Ultima in classifica! Roba da non crederci, eppur reale. Ridotta al punto di dover battere il Chievo Verona per imboccare una svolta auspicabilmente decisiva, povera Juve.
Saremo sempre al suo fianco, anche nei giorni pessimi, ma pretendiamo, e su questo non transigeremo, che l’ abitudine a perdere non diventi una costante sulla quale adagiarsi, perché sempre, sempre, sempre, “Vincere non è importante, ma l’ unica cosa che conta”.
I margini per non dover relegare il motto bonipertiano in soffitta, almeno relativamente allo stivale, ci sono ancora, sarà bene evitare che si dilatino ulteriormente, altrimenti i giorni Allegri saranno contati, in tutti i sensi…
Ezio MALETTO ( @EzioMaletto )
This post was last modified on 1 Settembre 2015 - 10:52