L’urna ha regalato alla Juventus le prossime tre avversarie che incontrerà nel suo cammino europeo. E il destino quando vuole la sa combinare davvero bene. Infatti dopo aver pescato il Manchester City, ecco che viene estratto il Siviglia, nuova casa di Ciro Immobile e Fernando Llorente e forse pure di Isla, chissà. Lo stadio è il Ramón Sánchez Pizjuán, che deve il nome ad un avvocato esponente del partito liberale e presidente del club per 18 anni. Dai mondiali del 1982 inoltre è presente un mosaico che raffigura al centro il simbolo del club e ai lati ci sono altri 60 stemmi circa che rappresentano alcune delle squadre che hanno visitato lo stadio.
IL GIOCO – Ma veniamo ad oggi. Il Siviglia si schiera in campo con un collaudatissimo 4-2-3-1 ed è una squadra ben assortita. Tra i pali c’è il sempre affidabile Beto, pararigori di natura. Davanti a lui non ci sono nomi altisonanti a parte forse l’ex Milan Adil Rami, ma a sinistra Trémoulinas ci sa ancora fare mentre sulla fascia opposta Coke non sarà un velocista ma le diagonali sono il suo pane quotidiano. A completare il reparto ci pensa Krychowiak, mediano sempre pronto all’uso anche in difesa. A fare da schermo ci pensano Iborra e N’Zonzi, mentre il fulcro del gioco è affidato a Banega sulla trequarti. Sugli esterni troviamo il sempreverde Reyes e Konoplyanka, fresco acquisto dal Dnipro. Infine davanti due conoscenze: Immobile e Llorente, con l’ex Psg Kevin Gameiro pronti a sfondare le difese avversarie.
GIOCATORE CHIAVE – Ma è proprio chi ha sui piedi la responsabilità di far girare la squadra che puntiamo i riflettori. Ever Banega, come tutti gli argentini che si rispettino, fa della garra una delle sue caratteristiche principali. Dotato di una visione di gioco a 360° gradi, è quello che in Argentina chiamerebbero el cinco, e il suo ottimo tocco di palla gli ha permesso di progredire ed avanzare di vari metri nel terreno di gioco, partendo da mediano e arrivando a fare il trequartista a tutti gli effetti. La velocità non gli appartiene, ma a questo sopperisce con l’intelligenza tattica.
L’ALLENATORE – Da calciatore Unai Emery non ha avuto chissà che soddisfazioni, al massimo 5 presenze in Liga con la Real Sociedad. È un infortunio al ginocchio a 33 anni, con conseguente ritiro, a fargli intraprendere la strada dell’allenatore. Ed è tutta un’altra storia. Grazie alle due Europa League vinte consecutivamente alla guida del club andaluso, Emery si è affermato tra i migliori allenatori a livello europeo della nuova generazione. Tattico maniacale, grande esponente del turn-over, è laureato in gestione aziendale e il suo Siviglia è registrato a meraviglia, nonostante ogni anno perda i pezzi migliori come Kondogbia, Negredo, Jesus Navas, Rakitic e Bacca. Instancabile lavoratore, il suo calcio è lucidità ma anche libertà d’estro. Ora c’è l’esame Champions per lui dopo anni d’oro in Europa League.
Oscar Toson